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Post-verità e Snotizie

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Immagine di Stefano Navarrini

“Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma l’individuo per il quale la distinzione fra realtà e finzione, fra vero e falso non esiste più.” (Hannah Arendt)

No, Post-verità (o post truth), non è un neologismo alla moda di cui ridere tra intelligenti – eh, no, non è il sinonimo chic di bufala. E’ un enorme strumento comunicativo che esiste davvero, si diffonde come un virus e serve a distruggere libertà e democrazia.Ha origini millenarie, ma ora usa strumenti sofisticatissimi che continuamente si affinano, in mano a informatici di avanguardia.
La velocità di affinamento tecnologico è ora diventata più rapida della capacità umana nel rendersi conto di venir presi per il naso. L’effetto è che, alle bugie più schifide, viene attribuita dagli utenti la medesima dignità che alle semplici verità. E molta, molta gente le beve a garganella. Sul web viviamo in un dopo verità generalizzato – anche perché quasi nessuno si prende mai la briga di andare a controllare la fonte delle Snotizie.
Chi produce Snotizie sa che un’alta percentuale di utenti ci crede e le diffonde – perché è già predisposto di suo – perché è idiota – perché è ignorante – perché odia tutti, perché è malvagio, di suo.
Verità e bugie sono opinioni e basta, qui sul web, equivalenti in credibilità. Ma le bufale valgono molto più delle notizie, perché sono più eccitanti; si beccano più lettori, più visite, più clic, più mi piace, più soldi – perché l’urlo, l’insulto, la diffamazione, l’odio e la calunnia sono tremendamente “sexy”, attraenti, stimolanti per la rabbia umana.
Correttezza e sincerità, poverette, noiose e grigie, non fanno notizia. Sul loro sfondo sfocato e comune, accade che il delirio maligno e l’osceno risaltino come neri diamanti, ipnotizzandoci. A cascare nella post-verità ci si sente più furbi, ci si crede più informati, gratificati e convinti di conoscere segreti che il “potere” nasconde. E non si sa di essere in mano a un potere occulto che disprezza democrazia e libertà.
Ai “Protocolli dei Savi di Sion”, creati dalla polizia segreta dello zar ai primi del Novecento e che diffondevano sanguinarie menzogne contro gli ebrei, molti hanno creduto in tutta Europa. E ancora non c’era internet.
“Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”; così disse qualche decennio dopo Goebbels, il maestro della bugia ripetuta, del magico fascino del male nella comunicazione. Fu il primo politico a comprendere la potenza dell’informazione e a utilizzarla per la costruzione del Terzo Reich; ha usato menzogne e calunnie, ha instillato odio e paura, senza freni né pietà.
La Post-verità è sempre esistita, con le sue Snotizie ha sempre cambiato i cervelli un po’ mollicci, si è sempre infilata nei cuori più sporchi. Adesso che ha strumenti migliori riesce a vincere elezioni.Soluzione? Divieti, censure? Beh, sanzionare la diffusione di notizie false e tendenziose e atte a turbare l’ordine pubblico mi pare ragionevole. Ma, soprattutto, vorrei che, come l’umanità ha appreso, nei millenni, a usare i nuovi strumenti che essa stessa ha creato, dal linguaggio alla scrittura, alla stampa, al telefono, alla tv, così auspico che si sbrigasse a imparare a leggere il web con il senso critico che madre Natura ha messo, come optional, nel nostro grosso cervello. C’è poco tempo.

https://en.oxforddictionaries.com/word-of-the-year/word-of-the-year-2016

http://www.linkiesta.it/it/article/2016/12/03/cose-la-post-verita-risponde-la-crusca/32605/

http://www.internazionale.it/opinione/laurie-penny/2017/01/12/epoca-post-verita

5 letture per resistere alla post-verità

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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