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Pregare, io lo so come si fa

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Pregare. Io lo so come si fa. Ora te lo spiego. Va bene anche una chiesa. Magari non una basilica possente, ma una chiesa qualsiasi, quasi vuota. Lì, trovati un angolino tranquillo e ascolta, piano. Pensa alle tante persone che, prima di te, davanti a quella santa circondata di rose di plastica, hanno pianto e sperato; che hanno mandato lassù, verso il soffitto lontano, i loro sogni e dolori – uguali ai tuoi. Ascoltali. Ci sono. Con loro, prega. Con le parole che vuoi, o anche senza. E’ uguale.
Ma non si prega per se stessi, mai, o per ottenere qualcosa – nemmeno salvare una vita. Puoi solo sperare di ottenere la forza per portare la tua croce, per aiutare chi soffre.
Non c’è altro da chiedere. Mi dispiace dovertelo dire.
A un certo punto, lì, nell’abisso della tua solitudine, probabilmente sentirai la luce. No, non la vedrai. La sentirai, la ascolterai. Non è Dio. Forse è dio, ma con la minuscola, perché è dentro al tuo dolore e non se la tira da onnipotente. Non è padre, perché magari è una immensa madre che si condoglia con tutte noi minuscole creature sue.
Ma se preghi lei c’è. Ti solleva fra le sue braccia, ti stringe.
E la forza che hai chiesto arriva. C’è. La conosco benissimo. Sono atea, ma dio finge di non saperlo.

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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