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Roma ’44 Da una storia italiana un film francese

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Ho per le mani la prima edizione Einaudi (1946) de ‘La ragazza della Via Flaminia’, forse il più bel libro, amaro e veritiero, sul trauma della Roma appena liberata e occupata dagli alleati angloamericani. Ne fu autore Alfred Hayes (1911-1985), giornalista ebreo giunto in Italia al servizio dell’esercito Usa, che collaborò con Rossellini e De Sica per i noti capolavori cinematografici ‘Paisà’(1946) e ‘Ladri di biciclette’(1949).
Hayes racconta la storia di Lisa, ragazza che ha sofferto guerra e fame, giunta a Roma dove diventa l’amante mercenaria di Robert, giovane soldato americano. Il patto tra i due è tuttavia incrinato dall’amore che si insinua nel loro rapporto, il sentimento di solitudine che li pervade entrambi, nello scenario di una città affamata, percorsa da crimine e corruzione, tra malfattori e poliziotti, in un clima di insofferenza e umiliazione diffusa.
Hayes descrive bene l’animo della giovane, e di una gioventù abbandonata a sé stessa, dove prevale su tutto l’istinto di sopravvivenza. Lisa accetta di incontrare Robert, perché in fondo ‘tutte hanno un americano’. Ma è diversa da Nina, altra ragazza del racconto, più pragmatica e cinica, che non avverte sensi di colpa. C’ è poi Antonio, rimasto per mesi chiuso in cantina per non essere requisito dai tedeschi, che sfoga la sua impotente frustrazione sulle due donne che si sono ‘prostituite’.
E c’è infine la vicenda amara e controversa del soldato Robert che pensa di appagarsi con un simulacro di ‘normalità’ nella relazione con la ragazza, e alla fine si trova di fronte al sorgere di un inatteso sentimento. Così oltre l’ umiliazione e lo squallore si accende il contatto di due solitudini che lasciano ancora qualche speranza di vivere e amare.
Il racconto di Hayes è condotto con linguaggio essenziale e pieno di immagini come in un film. E scava nella vita di una città travolta dalla sconfitta, nei rapporti tra occupanti e occupati, così che ‘La ragazza della Via Flaminia’ risulta un documento di straordinaria autenticità.
Hayes avrebbe voluto ricavarne un film. Ma in Italia, chi sa perché, non se ne fece nulla; vuoi per la retorica, il conformismo, la bigotteria, o altro non so che. Invece la trama del romanzo venne accolta e ben riadattata alla situazione francese dal regista Anatole Litvak che ne ricavò ‘Un act d’amour’ (1953) avvincente film con Kirk Douglas e la ‘belle savoyarde’ Barbara Laage…

Kirk Douglas e Barbara Laage in "Un act d'amour" di Anatole Litvak

Kirk Douglas e Barbara Laage in “Un act d’amour” di Anatole Litvak

 

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DUCCIO TROMBADORI

Duccio Trombadori. Nato a Roma nel 1945, figlio e nipote d’arte, dal padre Antonello e dal nonno Francesco ha ereditato la passione per la politica e la pittura. Laureato in Filosofia, è stato giornalista, critico d’arte, saggista, docente di estetica alla università di Architettura di Roma. Ha iniziato a scrivere d’ arte su ‘L’Unità’ alla fine degli anni Settanta, ha continuato in seguito su ‘Rinascita’, ‘Panorama’, ‘Il Foglio’, ‘Il Giornale’, e sul Tg3. Esperto d’ arte italiana del ‘900, ha diretto una rivista d’arte (‘Quadri&Sculture’, 1993-1998) ed ha curato monografie di Mario Mafai, Francesco Trombadori, Antonio Donghi, Riccardo Francalancia, Giulio Turcato, Renato Guttuso, Mario Schifano, Mario Ceroli. Tra il 1993 e il 2013 ha collaborato a diverse edizioni della Biennale di Venezia, di cui è stato consigliere di amministrazione. E’ stato più volte consigliere di amministrazione della Quadriennale di Roma. E’ autore di un libro- intervista con Michel Foucault (1982) e di una biografia ragionata di Gino De Dominicis (2012) . Un suo libro di versi (’Illustre Amore’, 2007) è giunto finalista al Premio Viareggio. E’ pittore di piccoli paesaggi di gusto ‘novecentesco’ che ha esposto a Parigi e Roma tra il 1990 e il 2014.

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