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Racconti

Salvatoricca

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Mario Delitala - Ritratto della sorella Anita (1915)

Salvatoricca era inconsapevole che il suo culo ondeggiava, quando andava al lavatoio con i panni da lavare. Il corpo era ancora acerbo e il mestruo l’aveva avuto da poco, lei era capace solo di ubbidire ai padroni, signorsì sissignora, ma tanti maschi la guardavano e le dicevano cose o levavano fuori la lingua e la facevano saettare fra le labbra, lei non capiva e tirava avanti per la sua strada, se andava a prendere l’acqua alla fontana o se tornava carica dal lavatoio.
Settimio e Acopo erano diversi, loro si levavano il cappello e le sorridevano, dicevano: buongiorno signorina. Lavoravano in miniera, erano venuti dal continente, che lei credeva che in continente fossero tutti ricchi, invece anche da loro c’erano i pezzenti, coi pantaloni rattoppati e le scarpe chiodate. La domenica le portavano un fiore ciascuno, fuori dalla chiesa, ma lei non osava neppure guardare, la testa bassa con il fazzoletto che le sfiorava le guance arrossate; ma Acopo sì, le piaceva.
Un giorno prese coraggio e salutò anche lei con un cenno del capo e gli occhi che correvano via dallo sguardo: più sfrontato quello di Settimio, più timido quello di Acopo. Non pensava mai che quel cenno – stupida si sentiva e colpevole – potesse scatenare il dramma che avvenne.
Era la sera della festa del patrono e nella bettola si udivano gli schiamazzi del gioco della morra e il tintinnare di bicchieri, il vino che tinge di viola il vetro correva a fiumi, e il filu ‘e ferru. Settimio gridava contro il fratello, lo accusava di rubargli la donna che amava e che intendeva sposare, in tanti cercavano di calmarlo e Acopo diceva che lui sognava, Settimio, Salvatoricca a lui non pensava perché si erano promessi. Lo spinse, Settimio, con le mani abituate al piccone e lo travolse con il suo impeto.
Poteva anche non succedere niente e ritrovarsi l’indomani con un gran capogiro e stordimento, ripromettendosi di non litigare più, tanto più per una donna. Non erano forse fratelli? Non avevano promesso, alla madre in punto di morte, di difendersi l’un l’altro? Acopo batté la testa sul gradino della cantina, il suo sangue usciva copioso dalla ferita e nessuno poté impedirne la morte.
Non si può tornare indietro? Settimio si chiedeva e chiedeva agli sbirri che lo arrestarono, al giudice che lo condannò, ai secondini che lo legarono coi ferri. Durò cinque anni e il perdono regio arrivò senza che lui lo chiedesse. Quando tornò al paese, Salvatoricca i capelli li aveva bianchi – in una notte, dicevano, si erano cambiati di colore – ma fu l’unica a venirgli incontro alla fermata della corriera, fu l’unica che gli dette la mano.

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ROSSANA CAU

Vive in Lombardia ma la sua anima resta profondamente sarda. Mantiene le sue radici e ne scrive. È admin e membro della redazione per la pagina facebook de LaRivistaIntelligente e ne coordina tutti i contenuti in pubblicazione.

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