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Racconti

Scordarella

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Alla corte di Re Delicato, già incasinata di suo, c’era subbuglio fremente: la figlia Svampita e semiattempata dovevasi ormai maritare e siccome sensibile men che distratta, manco ci stava a badare.
Il padre apprensivo bandì un torneo per decretare chi, dei pretendenti in ballo, dovesse sposarla.
Però non la solita palla melensa del cavaliere errante, che sconfitti gli altri riceve in premio la mano dell’amata, con tutto il trambusto appresso e rottura di scatole che ne consegue, bensì una gara basata sull’atto più romantico e coerente alla principessa svitata.
Così galopparono zelanti alla ventura, in cerca di gloria e gesto estremo a riprova dell’eroica azione compiuta, anche a repentaglio della propria vita, pur di vincere la coppa ambita.
Ritornati sfiniti e mezzi morti sconquassati dopo cinque cicli lunari, i prodi spasimanti giunsero al castello con doni inediti e strabilianti: Sangue di drago ermafrodito, Corna del diavolo, Remo di Caronte, Polvere di stelle; il Cappello dell’elfo, il Dente del Minotauro, la Scopa della Strega, la Bacchetta della Fata Turchina, il caffè della Peppina, ‘nu manico ‘e ‘mbriello e il becco di un pappagallo riesumato nel ’23.
In ultimo arrivò uno sciamannato cogli occhi cerchiati di strazio, che non s’era mai mosso e, inginocchiato ai piedi della promessa pulzella, con un’ampolla ricolma fino al tappo, sviolinò distrutto: «Dolce sogno bramato e luce del firmamento, queste son le lacrime versate giorno e notte struggendomi d’amore per te. Giacché il sentimento provato straripa impudente, ho raccolto il mio pianto a dirotto e null’altro».
La smemorata rimase di stucco dal regalo assai appassionato e meritevole d’alloro; tuttavia, l’aspetto malandato e poco allettante dello squallido aspirante non presagiva nulla di buono e nemmeno le piaceva alquanto. Perplessa e confusa restò interdetta per ponderare meglio la perentoria scelta e trascorsi molti dì, stonata per antonomasia, se ne dimenticò incurante: degli attoniti contendenti appesi e in bianco a sfigurare. Me pure, senza chiusa finale.

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