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Sei Fantastiche

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No, non vi farà tremare le vene dei polsi, cadere a terra percossi e attoniti, non è cult, non è cool, non è cute… è una sommessa lista di donne. Sommessa, non accompagnata da trombe trionfali, ma non per questo sottomessa.
Ed è una scommessa. Le reiette dalla storia italiana si riprendono lo spazio che la storia ufficiale non ha mai saputo dare loro. Ancora oggi lottiamo per le quote rosa e nei programmi scolastici sembra che tutta la cultura italiana sia una blocco unico di Toblerone dal gusto esclusivamente maschile… Eppure esistiamo e siamo fortemente esistite.
La mia lista di sei donne italiane che hanno fatto la storia (e la scienza, e la letteratura, e molto altro) va quindi considerata come moltiplicabile all’infinito in un Pantheon di stelle. Spero che chi mi legge abbia voglia di scrivere la sua lista, allargando il cerchio. A dream that never ends.
Ecco le mie Sei Fantastiche:
1) Grazia Deledda. Mai letta, ma ha vinto un Nobel. Di Montale e Pirandello le antologie scolastiche sono piene, a scuola non si parla che di loro. Sull’unica donna, fra i pochissimi italiani, ad aver raggiunto questo riconoscimento letterario internazionale c’è solo silenzio. Scoprire cos’ha detto, come lo ha detto.
2) Tina Anselmi. Partigiana vera, si prende rischi fin da ragazzina. Una cattolica sensibilissima all’etica dello Stato. Le dobbiamo un lavoro di tessitura istituzionale impareggiabile, che ha portato frutti come la legge sull’aborto. La commissione da lei presieduta sulla loggia P2 ha scoperto parecchie luride carte. Non c’è finora stata una politica cattolica alla sua altezza. Rosy Bindi: sorry.
3) Camilla Cederna, a dispetto di una certa allure da signora bene, anche lei partigiana. In Valtellina, dove subisce un arresto fascista, e non parla. Mi sun de quele che parli no!
Non fa pesare il suo coraggio, ha una reticenza naturale. Scopritrice di stili e di vizii nella famosa rubrica Il lato debole su “L’Espresso”, rende merito finalmente alla sciura milanese e ne crea un topos internazionale. Coraggioso il libro sull’ex presidente Leone, che paga fino in fondo riducendosi in miseria negli ultimi anni di vita, dopo aver perso un processo per diffamazione. Altro che Montanelli Padre della Patria! Non ti dimenticheremo mai.
4) Rita Levi Montalcini. Omaggio all’Ebrea Errante. Silenzio, esilio, astuzia – la triade del Dedalus joyciano – potrebbe essere il suo motto araldico. Assurta a mito anche mediatico di longevità, di lei troppo spesso si dimenticano la sofferenza e la lotta inscritte in ognuna delle sue rughe. E’ un altro Nobel. E’ una Nobel altra. Vive ancora fra noi mortali.
5) Patrizia Cavalli. Molto meno nota delle precedenti, è però una Vate, per me. Poetessa ironica, appassionata e astuta nel contempo, fifty fifty fire and ice, come canterebbe Joni Mitchell. Ci ha dato recentemente, sulle pagine di “Repubblica”, la gioia di un coming out tardivo ma spontaneo. Non che da ognuna delle sue poesie ci fossero dubbi sul suo orientamente sessuale, nevvero… Ma è poetessa universale.
6) Emma Bonino. Amo pensare ai suoi occhi chiari, alla sua testa riccia e alle sue lotte giovanili con il Partito Radicale come al simbolo di uno dei momenti più significativi per la liberazione delle donne italiane. Anni Settanta, i tempi in cui Fanfani, in un comizio, ammoniva gli uomini-con-coppoletta di un paese della Sicilia con queste folgoranti parole: ” Se in Italia passerà la legge sul divorzio, le vostre donne si accoppieranno con altre donne”.
Profezia abbastanza azzeccata: non solo le donne, anche gli uomini, e un gay dichiarato presiede ora la queer nation di Sicilia. Mai dire mai.

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