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La Smart e il furgone

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Sono in fila a un semaforo. La radio è accesa. Forse dirà qualcosa delle strade che sto per fare. Dà solo parole, la radio, da capire al volo. Ci vuole esperienza per cogliere la differenza tra rallentamenti e code a tratti. Può cambiarti la giornata. Sono spossato, sporco, mi manca solo l’ultima consegna. Accanto a me, una bionda su una Smart si rifà il trucco. Se non sei impeccabile rischi che la Smart te la ritirino. Ci vuole un esame per averla: gli uomini devono riuscire a cambiare una ruota bucata senza sporcare la camicia bianca e senza smettere di litigare al cellulare.
Mentre medito su questa verità, la radio mi manda una notizia che doveva essere per la tipa della Smart. Parla di un politico che ha passato la notte a Regina Coeli. In una cella singola.
Detto così, te lo immagini che scende dalla Smart con la 24 ore, va alla reception di Regina Coeli e fa: «Vorrei una singola». Tutto diverso dire: «È stato  messo in cella d’isolamento», notizia buona per chi a quest’ora è sporco, spossato e disarmato di trucchi.
Cella di isolamento evoca mazzi di chiavi rumorose, porte che sbattono, secondini ridacchianti, trucide voci che strillano: «A ‘nfami!». Ma la radio non ha detto una bugia: quello l’hanno messo veramente lì da solo. La verità ti fa male lo so.
Con una manciata di parole giuste non si turbano le coscienze, e alla tipa qui di fianco la Smart non gliela toglieranno, anche se non le ha sentite né capite.
Mi guarda per un attimo. La sua bellezza si sente importunata. Vede un cinquantenne un po’ pelato, a cui non farebbero mai fare uno spot del Mulino Bianco, né l’agente 007. Io, invece, penso a che faccia farebbe la tipa se usassi le stesse armi della radio. Parole di altrettanta verità.
Ora tiro giù il vetro e glielo strillo: «Ho la stessa età di Antonio Banderas. Sono molto più alto di Tom Cruise. Ho i capelli come Sean Connery. Fino a qualche anno fa andavo in moto come Marlon Brando da giovane. Ora mi occupo di prodotti biologici, come Paul Newman. Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu.» Non faccio in tempo. Il semaforo diventa verde. Lei scappa, non può sopportare la vicinanza di un simile mostro di bellezza maschile sotto mentite e furgonate spoglie.

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Paolo Messina

Nasce nel 1960 a Porto d’Ischia in una sera d’aprile. Nel ‘66 la famiglia si trasferisce a Roma. Studia fino alla maturità scientifica, in uno dei più turbolenti licei della capitale negli anni compresi tra il golpe in Cile e il rapimento Moro. Qua conosce la sua compagna di banco e di avventura, Laura. Nel 1980 già lavorano entrambi, ma si accorgono che c’è solo un’estate a vent'anni, perciò comprano una moto, si licenziano e partono in un viaggio che finisce quando finiscono i soldi, tenuti nascosti in un rotolo di carta igienica. Nel 1981 grazie a un concorso fatto ai tempi del liceo Paolo ottiene un impiego presso una grande azienda di servizi a capitale statale. Comprano una piccola casa a Roma, zona Magliana, quella della banda, contando di poter tornare a Ischia appena possibile ma non è possibile. Nel 1991 mantiene la promessa di trasferirsi al mare e va in Maremma. Qui, quando non sopporta più di essere un triste impiegato in un triste ufficio di una triste azienda si licenzia. Ora è titolare di una piccola ma prestigiosa azienda nel settore enogastronomico di qualità tipica e biologica. Da quasi quarant’anni non è sposato con Laura. Paolo Messina ha scritto due raccolte di racconti, stampate in proprio da PC in poche decine di copie, e la raccolta “Interferenze Indiscrete”, tramite il sito “Il miolibro” de La Feltrinelli. ha pubblicato nel 2007 per Il Filo editore la raccolta di poesie “Baci di Arcobaleni Sbiechi”. Del 2011 pubblica su La Rivista Intelligente, di cui dal 2012 è collaboratore stabile.”

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