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Manuale di sopravvivenza

Supercalifragilistichespiralidoso

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Immagine di Aglaja

C’è un vento che spazza ogni cosa, esco fuori al terrazzo e sollevo lo sguardo: la vedo sempre più vicina planare con il suo ombrello.
Devo scansarmi, perché atterra senza curarsi di finirmi addosso.
– Incominciamo bene. – penso tra me e me.
Si rimette in sesto e con fare arcigno mi dice – eccomi qua, porta la borsa dentro, su.
Entra in casa e io la seguo senza fiatare, pure perché la borsa pesa un accidenti e di fiato non ne ho più.
– Ma che ci hai messo nella borsa? E’ pesantissima…- dico in un sussurro.
E lei – Non è la borsa che pesa, sei tu che sei un mollaccione, un pigro. Ma guardati! Ora facciamo un po’ di ordine, sono venuta apposta.
Apre la borsa e io mi chiedo curioso – Che cosa mai ci tirerà fuori? Una pianta di appartamento? Un attaccapanni? Un letto a castello?
E invece incomincia a girare per casa come una forsennata, afferra tutti i pacchetti di sigarette, anche quelli che avevo dimenticato di aver nascosto e li butta nella borsa. Poi passa agli accendini e ai posacenere. Apre la cristalliera e tira giù tutte le bottiglie, i liquori, persino l’alcol nel mobiletto del bagno, tutto nella borsa, che è una specie di pozzo senza fondo. Vedo volare dai pensili della cucina, che si sono aperti da soli come per magia, tutte le confezioni di caffè, la moka grande, la moka piccola, le tazzine. Sono scioccato dalla coreografia degli oggetti a mezz’aria che si dirigono verso quella maledettissima borsa.
– Fumi troppo, bevi troppo, prendi troppi caffè – lei canticchia tutta felice con la sua voce cazzimmosa, mentre io cerco di afferrare qualcosa, saltellando appresso a lei.
Vorrei prenderla a calci, questa Mary Poppins mariola, e decido di affrontarla a viso aperto perché non sono un bambino.
– Insomma, sei venuta per portarti via tutto? E non mi lasci niente? Ma chi ti ha chiamato?
Lei imperterrita riapre la borsa e con un ghigno sornione ne estrae un pacchettino. Finalmente un regalo! Almeno un regalo! Apro la confezione e osservo sul palmo della mano la pillola.
– E questa sarebbe la famosa pillola che basta un poco di zucchero per mandarla giù?
– Veramente è la pillola per la pressione alta.
– Ma io non soffro di pressione alta.
– Se ti decidessi a farti prescrivere le analisi, cosa che non fai, lo sapresti, cretino! Non sei più un ragazzino!
Se ne va, alzandosi in volo, e io piango, ma non perché sono commosso, perché ora piovono pure dal cielo per venirmi a fare la predica e a mortificarmi.
– Ti avrei regalato anche l’ombrello, Salvatore – mi urla quando già è lontana – ma mi serve per volare, altrimenti lo sai l’uso che ne farei con la gente come te!
– Addio, Mary Poppins.

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SALVATORE RONGA

Nacque a bordo di un’isola nel golfo di Napoli, Ischia. Sbarcò raramente, così da poter attribuire al rollio ogni tormento esistenziale. Sperimentò varie forme di gastrite. Perse i capelli, ma non perse tempo a raccoglierli. Amò più di quanto i suoi amici sospettassero e odiò molto meno di quanto i suoi nemici avessero creduto. Venne alla luce il 13 luglio 1969 e da allora non fa che scrivere e riscrivere il suo epitaffio.

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