Le congiunzioni astrali e le imperscrutabili vie del destino dovettero di certo favorire l’incontro tra l’ingegner Hammond e i Procol Harum. Quando la ruota fonica prese a girare al ritmo del fandango, nel maggio 1967, il suono dell’organo Hammond prese il volo insieme al testo di Keith Reid. Chissà quale storia dovette raccontare il mugnaio perché sul viso della ragazza comparisse un’ombra più bianca del pallore. Chissà se quella vergine raggiunse mai la costa. Ma un segreto è racchiuso in tutte le cose straordinarie. Si sa invece ciò che lei disse: che la verità è facile da vedere e che non c’è alcuna ragione. Un altro drink e il mal di mare fecero il resto. Poco importa se Matthew Fisher e Gary Brooker, che composero l’introduzione, presero ispirazione dall’Aria sulla quarta corda o dalla Corale in mi bemolle di Bach; quelle note, che hanno stregato una generazione, ancora incantano e a volte scuotono l’anima. Come nella scena finale del film di Tullio Giordana, quando fanno da colonna sonora ai funerali di Peppino Impastato. È lunghissimo l’elenco di chi ha voluto reinterpretarla, Percy Sledge, King Kurtis, Joe Cocker, Annie Lennox. Qualcuno dice che perfino gli indigeni del Borneo ne hanno una versione per sole percussioni.

Non credo che, nella mia copiosa musica eletta, mai alcun altra armonia avrà lo stesso posto occupato da A whiter shade of pale : é questa la voce dei miei favolosi eighteen, nitidi nel ricordo e vivi nella vita, dopo 60 anni . Il brano mantiene intatto ancora – che lo si ascolti o si tenti di suonarlo – la sua atmosfera, persino il suo profumo di patchouli e incensi, e, ciò che più rileva, l’entusiasmo di quel tempo magico di quella dolce sensazione d’immortalità, di certezze
assolute. Tempo, in cui il futuro, tutto da scrivere, tutto è lineare e nitido e nulla scalfisce sentimenti e convinzioni; tempo beato dell’amore eterno e della fede incrollabile, in persone e idee, quando tutto sembra vivere in paradigmi d’armonia immutabile, un tempo di voli pindarici e
d’assoluto, in alternanza di lacrime e felicità.
Francescopaolo, prorpio così come dici. Anche se a diffondere quelle note non sono più i Juke box, immutato rimane il piacere di ascoltarle.