Anche i libri chiedono aiuto

Savigno è un piccolo paese sulle prime pendici dell’appennino emiliano, poco distante da casa mia. È un posto rustico, di quelli in cui, quando si passeggia un po’ sventati, un po’ flâneurs, si avverte il profumo della legna bruciata che esce dai camini e del ragù fatto in casa che esce dalle finestre. Finestre di case che non sanno più se essere di sassi e malta o di cemento armato post bellico anni 50. Un paese semplice e al contempo pieno di buona volontà e voglia di fare. I suoi abitanti si dedicano all’agricoltura soprattutto, ma vi sono anche alcune industrie e molti si adoperano per promuovere i luoghi, il che non è così scontato nella Toscana dei poveri che è la seconda cerchia dei colli bolognesi.
A Savigno ogni anno in autunno si svolge una bella sagra del tartufo e dei prodotti tipici, e ogni seconda domenica di ogni mese si tiene una ricca mostra mercatino dell’usato. Ora, i banchetti di vecchi libri, che qui abbondano, sono un richiamo irresistibile per me bibliofila, e anche un po’ bibliomane. L’appuntamento del mercatino alla ricerca di libri interessanti è per me una consuetudine cui non posso rinunciare. Come il cappuccino o le razzie su iTunes. Così mamma col radar sintonizzato su “libri di storia mitteleuropea”, papà col radar sintonizzato su “vecchie macchine da scrivere/libretti di manutenzione di auto d’epoca” e figlio Francesco col radar sintonizzato su “macchinine di metallo -mica quelle schifezze cinesi” ci aggiravamo domenica per questa grande sagra di banchetti con ogni genere di cianfrusaglie. Finché abbiamo notato un banco strano e sospeso tra l’umile e il ricco, davanti alla biblioteca pubblica. Un banco pieno di libri per bambini di ogni genere, presidiato da una donna anziana in maglione rosso con la fida stampella al fianco.
La signora sfogliava, gli occhi vivi, un libro di poesie di chansonniers francesi. Il banchetto non era molto frequentato. Mica come i banchetti di mobili vecchi, o di bigiotteria, o di vecchi 45 giri, o quelli immancabili di maglioni finto andini. Che sono sempre affollati che non si riesce nemmeno a vedere la merce esposta. Lì non c’era nessuno. Solo la guardiana del faro in rosso, tra il severo e l’invitante. Ci siamo avvicinati e abbiamo chiesto alla signora cosa fosse questo banco pieno di libri, stesi su una tovaglia ricamata come per il pranzo della domenica di un tempo: tutto Rodari, tutto Sendak, i vecchi fumetti anni 70 di Soldino e Nonna Abelarda, Tiramolla, Lodi, alcune pubblicazioni meravigliose di Jacovitti, gli orsi in Sicilia di Buzzati, Bruno Munari, per non parlare di Calvino e dei classici americani e francesi illustrati ma in edizione integrale, impolverati e profumati. Pane sulla tovaglia ricamata.
A me intanto prudevano già le mani. La signora ha appoggiato il suo libro di chansonniers, mi ha guardato severa, poi deve aver letto nei miei occhi l’istinto del predatore perché ha sorriso. Ha spiegato che si trattava di una donazione giunta alla biblioteca comunale da parte di una signora di Bologna; donazione che, per dimensioni e temi, loro non potevano tenere. «Troppo poco commerciale, i lettori vogliono altro, nessuno li accoglie i libri così». Quindi la stavano regalando a chi la desiderasse, quella biblioteca perduta, in cambio di un’offerta. Ha detto proprio così, “nessuno li accoglie” come se i libri fossero stati vivi. Vertigine. Ma ci sono soltanto libri per bambini? No, ha risposto la bibliotecaria in maglione rosso, se entrate ci sono scatoloni pieni di libri di ogni genere.
Trattenendo un mugolio di piacere e di anticipazione sono entrata. La grotta di Aladino. Il pozzo di S.Patrizio. Il nascondiglio di Edmond Dantès sull’isola di Montecristo. Il paradiso delle Mille e una Notte. Su banconi fatti con cavalletti e assi da muratore. La cultura occidentale su semplici assi da cantiere. Pirandello. Verga. Dumas (appunto). Yourcenar. Gide. Camus. I poeti francesi dell’Ottocento in lingua originale. I romantici tedeschi. Shakespeare. Byron, Keats, Bronte, Austen. TS Eliot. Melville tradotto da Pavese. Gli americani del novecento presentati da Fernanda Pivano. Ionesco. Robbe-Grillet. Tutta la filosofia classica e moderna. Tolstoj. Cechov. Ibsen. Saggi a non finire sulla storia europea. Libri di viaggi. Pasolini. Eluard e Prévert.
E mentre Francesco faceva correre le sue macchinine sul dorso di quei libri offerti e impolverati, esposti nel loro fascino umile a nessuno che li adottasse, libri ammuffiti che imploravano di essere raccolti da qualcuno, ché avevano perso mani che li accarezzassero ogni giorno come si deve, la mamma a sua volta li accontentava, riempiendone le borse della coop di plastica gentilmente offerte dalla vecchia bibliotecaria, aiutata dal papà tra lo sbuffante e il divertito. Alla fine, sollevata dalla miniera di carbone che poi si scopre oro, impolverata di muffa come un’ape impolverata di polline si solleva con le sacche piene dal fiore più bello, avevo gli occhi lucidi di gioia e commozione.
E ora, signora bibliotecaria anziana col maglione rosso vita, che cosa le dobbiamo? «Un’offerta», dice lei semplicemente. «Il ricavato di questo regalo andrà alla biblioteca per promuovere iniziative di lettura per bambini dell’età del suo». La nostra offerta è stata accompagnata da un abbraccio a quella signora profumata di acqua di colonia, che pilotava la zattera di libri perduti di un’altra signora che non c’era più. Libri che chiedevano solo calore per scrollarsi di dosso la muffa di anni di abbandono e trasformarsi in gioia di lettura per i più piccini. Ecco, se la mia libreria dovesse naufragare, spero approdi alla spiaggia di un paesino di montagna, salvata dalla solida delicatezza delle mani come le sue, signora bibliotecaria in maglione rosso. E ho finito pure col rubarle il vecchio libro sugli chansonniers francesi.

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