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Manuale di sopravvivenza

Svengo o non svengo?

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Un capogiro. Cado?
Se cado qui mi faccio male. Avrei dovuto spostarmi prima.
È come un gorgo che mi risucchia verso il basso. Svengo.
Se svengo mi raccoglieranno? Dio, lo sapevo che dovevo mettermi a dieta. Nessuno riuscirà a sollevarmi, che figura!
E non ho neanche fatto la doccia questa mattina. Dovrò stare attenta a non sventolare le braccia, perché ho sudato.
E cercare di cadere con garbo, senza fare rumore, assumendo una posizione aggraziata. Come in quei bei film americani di una volta.
Non dovevo tagliarmi i capelli, pensa come starebbero bene ora, lunghi, biondi, mossi, a farmi da cornice intorno al viso mentre cado. Si potrebbe fare una sequenza al rallenty? Ci devo riflettere. Il viso è troppo pallido per la verità e questa maglietta verdolina non mi dona per niente.
Oddio, eccone un altro!
Mi sento svenire. Svengo. Cado. Come un piombo, una pera cotta, un sasso.
Nessuno che mi porga i sali. Frano sul pavimento, si rovescia l’acqua del secchio, perdo una ciabatta. La testa finisce sul mocio bagnato. Avessi comprato quello rosso tiziano sembrerei la Rita Hayworth.

«Mamma, che succede? Mamma?»
«Eh? No, niente. Mi credevo di svenire».

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