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Pupa, di Loredana Lipperini. Una recensione di Valeria Viganò

Una delizia questa fiaba del futuro prossimo. È ambientata nel 2020, in una società ancora più anaffettiva e disumanizzata, nella quale viene richiesta un’alta efficienza e sono regolati i rapporti tra le persone. Ai vecchi, abbandonati a se stessi, viene offerta la possibilità di ottenere la compagnia di ragazzi e ragazze tra i dieci e i quindici anni, nei lunghi e interminabili pomeriggi di solitudine. Ai Nipoti Sostituti, tra cui Viola la protagonista, viene assegnato un vecchio a cui far compagnia, ricevendone un compenso. È così che Viola conosce Pupa. Ma Pupa non è come le altre anziane, non guarda la televisione, non beve il tè con i pasticcini, non tedia la ragazza con una sfilza di foto-ricordo di una vita finita. Pupa è speciale, ascolta Mozart, acchiappa le nuvole, racconta storie favolose, scrive ancora a penna. E a Viola insegna la fantasia, il magico, trasmette la vitalità e l’immaginazione fuori da schemi prestabiliti.
Loredana Lipperini canta con voce morbidissima e semplice l’incontro tra generazioni e la sua meravigliosa trasmissione di un sapere unico; narra del caldo abbraccio umano di cui stiamo perdendo traccia e senso, e sceglie di farlo, non a caso, attraverso due personaggi femminili che si scambiano sogni e passioni oltre il filo smarrito del mondo spersonalizzato e arido, alla ricerca di una ricchezza interiore condivisa. La delizia della storia di Pupa non è quindi un dolcetto insipido e consolatorio ma una perla piena di significati. La sua scrittura è composta di molti strati, i concetti espressi toccano i nodi della nostra contemporaneità, non tralasciano la complessità che siamo chiamati ad affrontare, se non vogliamo ridurci a esecutori instupiditi, macchine obbedienti o, peggio, a ignari ribelli senza sostanza. Pupa è anche favola illustrata da bellissime e delicate immagini a opera di Paolo D’Altan, con una prefazione di Lidia Ravera, di alto tenore letterario. Complimenti all’editore Rrose Sélavy, che ha creato la collana per ragazzi e curato il volume con un’attenzione amorevole, oggi accantonata da molte case editrici ben più famose.

Pupa, Loredana Lipperini. Rrose Sélavy editore, 36 pagine, euro 12,00

Bestie, uomini (e dèi) di Stefano Bandera

Uomini, animali, paesi abbandonati, rovine e parole antiche, perché di creature antiche pure loro.
Nel Topo sognatore e altri animali di paese, scritto da Franco Arminio e illustrato da Simone Massi, c’è tutto questo, ma non solamente. Il bestiario è un tema classico della letteratura, non solo per ragazzi. Unisce il fascino dell’animale simbolo a quello del catalogo, la fantasia all’enciclopedismo. Il libro di Arminio è un bestiario al contrario, non parla degli animali, ma degli uomini, e lo fa con la voce delle bestie. A fine lettura ti accorgi di aver visitato una strana Spoon River, fatta di epitaffi sibilati, abbaiati, cantati: quello del canarino di un vedovo morto, quello della farfalla nella chiesa vuota, quello del verme nella ciliegia che nessuno ha colto. Nelle parole degli animali senti l’eco di Saffo, Pascoli, Montale, ma è normale, perché Arminio è un poeta e, come dice lui stesso: «Dio ha fatto il mondo e ha dato a ciascuno un compito: il mare fa il mare, il cane fa il cane, l’uomo fa l’uomo, nessuno sa cosa fa il poeta dentro al mondo. Non lo sa lui per primo e per questo scrive, per scoprirlo». Ma per scoprirlo deve diventare altro da sé: passero, serpe, farfalla, persino, qualche volta, un dio.

Il topo sognatore e altri animali di paese, Franco Arminio e Simone Massi. Rrose Sélavy editore. 32 pagine, Euro 12,00.

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Stefano Bandera

Nato nel ’63, è scrittore nella vita e cosmonauta nell’arte. Ha pubblicato una quindicina di libri per bambini e ragazzi, uno dei quali, Il primo libro dei mostri, ha anche vinto un premio. Nel suo e-book Acqua su Marte, le due anime - di scrittore e cosmonauta - si sono finalmente riunite. Non fa versi e stira le camicie mentre medita Nietzsche.

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