C’è un problemino

«Perché non è venuto qui prima?»
Giovanni pensa spesso a questa domanda: gliel’aveva fatta, quel giorno, quel medico al quale aveva chiesto di essere chiaro mentre curiosava nel suo addome con un ecografo. La risposta era stata chiarissima: «Lei ha un bel tumore». Anna, sua moglie, si era sentita mancare. Non era caduta solo perché era riuscita ad appoggiarsi a un lettino che aveva di fianco. Ammutolita.
Perché non si era fatto visitare prima?
Prima quando? Lui stava bene, o almeno credeva. Aveva sottovalutato certi segnali, per ignoranza: non sapeva, non conosceva, ignorava. Non si può sapere tutto! E non ne aveva parlato al medico di base, certo che no: di cosa gli parli se non hai niente? Se pensi di non avere niente.
Curato il bel tumore, dopo la battuta del camice bianco: «Da questo è guarito, se le viene ancora qualcosa, è un altro», aveva sempre seguito tutte le raccomandazioni di rito. Dopo la pandemia, con qualche ritardo, per esser sincero. Però, quando gli ultimi controlli avevano registrato certi valori fuori norma, era partita la sequela delle verifiche, prescritte e no; perciò non aveva esitato a eseguire e consegnare subito il test dello screening arrivato a casa per posta: ASL* Programma di screening per il cancro del colon retto, recitava la busta a caratteri cubitali, alla faccia della riservatezza.
Meglio indagare, meglio sapere, meglio intervenire in caso per tempo. Aveva imparato la lezione.
E aveva raccomandato alla moglie di sbrigarsi. Entrambi erano ancora nella fascia di età da controllare. Anna aveva eseguito un paio di giorni dopo.
ASL* Programma di screening per il cancro del colon retto, recitava la busta a caratteri cubitali, alla faccia della riservatezza.
Giovanni la trovò nella cassetta della posta.
Era il referto di Anna, negativo.
Sollievo. Glielo disse subito, poggiò la busta nello svuota tasche e le chiese:
«Ti ricordi quando ho portato in farmacia la mia provetta?»
«Non di preciso, ma sarà stato maggio».
«Perché a me non è arrivato ancora nulla?»
«Un positivo, lo segnalano subito. Siamo a giugno inoltrato, non credo ci sia da preoccuparsi».
«E che ne sappiamo noi? Metti che si è perso, che si sono dimenticati…»
«Ci sarà un numero di telefono di un ufficio. Te lo cerco».
Intanto Giovanni parlava già con il reparto dell’ospedale di riferimento, che gli aveva dato il numero della caposala, che gli aveva dato il numero di chi se ne occupava, che però era una segreteria telefonica.
Anna lo sentì lasciare i propri dati: nome, cognome, numero di telefono, motivo della richiesta. Intanto, appuntò un indirizzo di posta elettronica. Scripta manent; in certi casi, meglio formalizzare.
«Dicono che richiamano loro – la rassicurò Giovanni – aspettiamo domani».
Giovanni non riuscì ad aspettare; l’attesa di un referto era diventata logorante per lui, perciò richiamò parecchie volte: stessa segreteria, stesso messaggio, urgenza sottolineata, tono pacato ma deciso. Nessuna risposta immediata.
Aspettiamo domani.
L’agitazione si insinuò. Nessuno richiamò. Solo Giovanni tornò a insistere.
Anna scrisse e inoltrò all’indirizzo ASL* Dipartimento di Prevenzione SC Igiene Pubblica screening@*** e glielo disse:
«Giovanni, io intanto ho scritto».
«Non rispondono al telefono, figurati se scrivono».
«Ho trovato un numero di telefono: è quello che stai chiamando tu?»
Era diverso.
Giovanni lo compose subito.
«URP, ASL*, Prevenzione SC, IP, buongiorno».
«Buongiorno» e Giovanni – sollevato dalla possibilità di avere finalmente una risposta – spiegò in modo chiaro e sintetico il suo cruccio: «Mia moglie ha già ricevuto l’esito negativo, io invece ancora nulla, pur avendolo eseguito qualche giorno prima di lei. Mi potrebbe dire per favore il risultato del test?»
«Cognome nome data di nascita» disse la voce femminile, stentorea.
«*** Giovanni, [giorno mese anno]».
Passò qualche istante, senza musichetta, solo il respiro della voce femminile e un suono di tasti digitati che si interruppe quando la voce femminile, stentorea, disse:
«In effetti, qualche problemino c’è».
Giovanni, che era già seduto, sbiancò.
Guardò Anna, crollata sulla sedia, inerte; restò in ascolto, con il telefono incollato all’orecchio:
«È in fase iniziale…».
Giovanni si passò una mano nei capelli. Guardò Anna che guardava il pavimento, inerte e muta; attese la conferma della sentenza guardando nel vuoto e pensando “anche questo!”. Cosa avrebbero dovuto vivere di nuovo? Intanto la voce femminile, stentorea, disse:
«*** Giovanni, [giorno mese anno]… è negativo».
«L’esito del test? »
«Sì, negativo».
«È negativo, mi conferma?»
«Sì, negativo».
«Scusi, ma il problemino, la fase iniziale?»
«Ah, quello? Parlavo del sistema. Siamo in fase iniziale e stiamo riscontrando qualche problemino. In ogni caso le arriverà la lettera, non so quando ma le arriverà».
La voce femminile, stentorea, aveva già chiuso la comunicazione quando Anna, ripreso vigore, lanciò il suo più sentito VFC.
Giovanni rende noto che a luglio iniziato la lettera non è ancora arrivata.

8 commenti su “C’è un problemino”

  1. FEDERICO MADERNO

    L’ho sempre detto: sto meglio io che non faccio accertamenti dal 2003, anno in cui, per un frontale in macchina, fui ricoverato con il femore diviso in tre parti. Un giorno mi troveranno steso con tutte le patologie del mondo addosso. Ma intanto ho chiesto al Servizio Sanitario Nazionale di riavere indietro tutti i contributi versati negli ultimi + 20 anni e dei quali non ho usufruito in prestazioni. Sono circa 2100 euro/anno per un ammontare di circa 46.000 euro. Dovrebbero arrivarmi a giorni.

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