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Pensieri Letterari

Ciascuno ha il suo

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Bob Nobel – di Giovanna Nuvoletti
Meritato, strameritato, cosa vi lamentate sui social, ignoranti? È uno dei più grandi autori della nostra epoca, è colto e popolare, allucinato e commovente. È un vero poeta. Vero, nel senso tosto, nella linea dei più grandi anglosassoni, e anche nello spirito di Emily Dickinson, oscura, lontana, intima e rocciosa come lui.
Sì, una delle regole della poesia è che non è musicabile, perché la vera poesia ha già la sua musica DENTRO, e aggiungerla la rovinerebbe, la spegnerebbe nel più profondo della sua ambigua verità. Proprio per questo sostengo che Dylan non è affatto un cantautore, per quanto io ne abbia amati molti, come de Gregori o Conte, o de André, si tratta solo di ottimi prosatori in canzoni. Lui, invece, ha una dote unica: non adatta parole a musica, né viceversa – la sua poesia nasce con la musica, la sua musica nasce nella poesia, il suono dice le parole e viceversa. Quindi le sue canzoni sono altissime anche senza musica, o, viceversa, senza testi.
A volte penso che forse, come lui, si esprimevano gli antichi aedi, che poetavano, cantando, prima della nascita della scrittura.
Leggiamo i suoi testi in inglese: una mano ti entra nel petto e ti strappa il cuore, tentacoli si insinuano nel cervello, e lo accendono, della luce della poesia, di quando le parole sono cose, e creano universi dal nulla, e prestano un significato indelebile alle nostre vite di ogni giorno.

Once upon a time you dressed so fine
Threw the bums a dime in your prime, didn’t you?
People call say ‘beware doll, you’re bound to fall’
You thought they were all kidding you
You used to laugh about
Everybody that was hanging out
Now you don’t talk so loud
Now you don’t seem so proud
About having to be scrounging your next meal
How does it feel, how does it feel?
To be without a home
Like a complete unknown, like a rolling stone

Poesie di Leonard Cohen

Poesie di Leonard Cohen

I prefer Cohen – di Valeria Viganò

Cominciate da qui. Dai romanzi e dalle raccolte di poesie, prima di tornare alla sua voce armoniosa e meditativa e ai suoi testi musicati che respirano letteratura. Non un vero folksinger come Bob, fuori dalle tracce e mode di un’epoca perché capace di essere in tutte le epoche e di seguire una sola linea musicale, la sua.
Il vecchio 82 enne, che ha trascorso dieci anni come un monaco tibetano, ha appena finito quello che probabilmente sarà il suo ultimo album. Le parole scritte l’hanno accompagnato tutta la vita, nessuno ha saputo raccontare come lui in molte forme, nessuno ha avvicinato di più la canzone al poema.
Più ironico e meno aspro di Bob, più interiore e mistico e meno sociale, ha ritratto molte donne nelle sue canzoni come Bob, ma le ha trattate nella vita infinitamente meglio di quel fedifrago che ne ha fatto muse spremendole fino all’osso.
Bob estemporaneo e ribelle, Leonard mistico e filosofico. Ebrei ambedue, ma uno il suo cognome se l’è tenuto. Avrei dato il Nobel della Letteratura, quest’anno irriverente e liricheggiante di suoni, al Cohen speciale, alla sua infinita ricerca del senso umano. That’s all.

cohen-gillo

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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