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Racconti

Eugenio e Guerrino

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Per anni ho abitato in un gruppo di case che condividevano un cortile interno. Di fronte a me c’era un sarto in pensione, Giuseppe, che faceva volentieri lavoretti per il vicinato.
Era a Bologna da mezzo secolo, ma aveva ancora un accento veneto da paura.

Ci incrociavamo spesso. Io tiravo fuori la spesa dal baule della macchina, lui passava con una pila di camicie stirate. Salutava, sempre sorridente. E mi chiamava Emilio.
Ho provato a correggerlo un paio di volte: “Giuseppe, mi chiamo Eugenio”. Niente.
Allora va bene così. Sapevo che per lui ero Emilio, pace. Bah, l’iniziale almeno combaciava.

Il sarto muore. Scopro che in realtà si chiamava Guerrino. Bah, l’iniziale almeno combaciava.
Un flash. Per quindici anni ci siamo visti in cortile. (Buongiorno Emilio, ’ngiorno Giuseppe) e entrambi pensavamo:
“Ma guarda ’sto rimbambito, non ha ancora imparato che mi chiamo Eugenio”.
“Ma varda ’sto babeo, no ga ancoa impara’ che me ciamo Guerrino”.

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CLAUDIO PETRUCCIOLI

Nella vita ho fatto molte cose, ho avuto esperienze diverse, ho conosciuto tantissime persone; alla mia età (sono nato nel 1941) possono dirlo più o meno tutti. Mi piacciono molto le esplorazioni di luoghi poco frequentati perché i più preferiscono evitarli Ci sono stati momenti in cui sono stato “famoso”. Ad esempio nel 1971 quando a L’Aquila ci furono moti per il capoluogo durante i quali furono devastate le sedi dei partiti, compresa quella del Pci, di cui io ero segretario regionale. Ma, soprattutto, nel 1982 per il cosiddetto “caso Cirillo”, quando l’Unità pubblicò notizie sulle trattative fra Dc, camorra e servizi segreti per la liberazione dell’esponente campano dello scudo crociato sequestrato dalle BR. Io ero il direttore de l’Unità e mi dimisi perché usammo un documento “falso”; che, però, diceva cose che si sono dimostrate, poi, in gran parte vere. Sono stato in Parlamento e nella Segreteria del Pci al momento in cui cadde il Muro di Berlino, e anche Presidente della Rai. Con queste funzioni sono stato “noto” ma non “famoso”. La fama te la danno i media. Io, durante il caso Cirillo, ho avuto l’onore di una apertura su tutta la prima pagina de La Repubblica: “Petruccioli si è dimesso”. Quanti altri possono esibire un trattamento del genere? PS = Una parte di queste avventure le ho raccontate in “Rendiconto” (Il Saggiatore) e “L’Aquila 1971” (Rubbettino)

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