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Tappa 17 Da Falzes a Cortina d’Ampezzo

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Da Falzes a Cortina d’Ampezzo: sarà una tappa, per quanto di montagna, assai poco tecnica. Anzi, del tutto immaginaria.
Distinguo benissimo Vittorio Adorni e Felice Gimondi, i due grandi campioni della mia gioventù, pedalare sulle montagne della mia vita.
Ammiro i loro movimenti agili, il gesto atletico sempre ben coordinato, anche nello sforzo. Adorni il parmigiano, che ha vinto il Giro d’Italia nel 1965, è bello, biondo, gentile, di una eleganza semplice e naturale. Gimondi, il bergamasco di Sedrina – che nello stesso anno vidi vincere il Tour nel piccolo televisore dell’albergo di un paesino accanto al suo – è più rude. Ma io lo vedo così dolce, pure lui, nei movimenti. Così grande, così vero.
Io ho di nuovo 22 anni. I miei campioni superano la Valparola, il Falzarego, il passo Giau. La giornata non può essere che assolata. Ancora qualche chiazza di neve nei valichi, ai lati della strada. E immensi prati verdi affollati di famiglie felici. Poi giù, per il tondo e mite Pocol, che apre la vista sulla gran valle. Forse i miei ciclisti non li guardano, ma i Monti Pallidi sono immersi nell’Enrosadira che al tramonto li trasforma in coralli.
In faccia ai corridori, al di là dei pascoli, del paese, del campanile, del Boite, degli alberghi e delle ville, sopra i boschi di conifere, si alza, rigido e un po’ truce, il Faloria in un trionfo di luce.

Ha vinto Adorni, ha vinto Gimondi? Tutti e due, tutti e due. Io, fuori dalla mia casa che nel mio cuore è ancora mia, li applaudo.

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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