La Presidente Von der Leyen ha rilanciato la proposta di investire qualcosa come 800 miliardi per il riarmo europeo.
Detta così, questa affermazione appare quantomeno vaga, considerato che non si capisce chi dovrebbe riarmarsi e come, dal momento che ad oggi un esercito europeo non esiste e ogni Stato gestisce la propria spesa militare.
Tralasciamo anche i possibili retropensieri che vedrebbero, dietro la proposta, un tentativo di convertire, indirettamente, l’industria europea in crisi, soprattutto nel campo dell’ automotive in conseguenza del green deal, verso un’economia di stampo bellico potenzialmente in grado di risollevarla, per concentrarci su quelli che dovrebbero essere i due obiettivi dell’Europa: emanciparsi dal cappello protettivo Usa attraverso la Nato e, ovviamente, creare un deterrente verso le potenziali ulteriori mire espansionistiche russe.
Vista così, la proposta appare tempestiva come neanche Trenitalia saprebbe fare, tanto sotto il profilo strettamente militare, dal momento che solo la Francia in Europa possiede un minimo di deterrente nucleare, quanto sotto quello politico, considerato che tanti Paesi dell’unione, Italia compresa, continuano a tagliare su settori importanti come la sanità per restare nei rigidi parametri europei, e che nessun governo avrebbe la faccia di spiegare ai propri cittadini l’aumento di spesa per i carri armati prima che per i pronto soccorso o le liste di attesa.
Senza dimenticare che alla guerra convenzionale si è aggiunta, se non addirittura parzialmente sostituita, quella che si combatte attraverso la rete e a mezzo social.
Non è necessario essere strateghi militari per capire che oggi, per mettere in ginocchio un Paese, può rivelarsi molto più efficace un attacco hacker rispetto ad uno militare, come già avvenuto recentemente anche nel nostro Paese, probabilmente da parte di hacker filorussi.
Così la stessa democrazia, prima che sovvertita con invasioni militari o colpi di Stato, può essere corrotta e svuotata attraverso i social, come avvenuto recentemente in Romania.
Queste nuove forme di guerra, ignorate o, peggio, sottovalutate da chi oggi si concentra su una corsa agli armamenti convenzionali, riescono a realizzare obiettivi impossibili nei conflitti armati: colpire silenziosamente e senza preavviso il nemico, penetrando nel cuore delle istituzioni e neutralizzandole e, contemporaneamente, creare il panico tra i cittadini e, a mezzo social, aizzarli contro i loro stessi governanti, se non addirittura gli uni contro gli altri.
Il tutto in pochi secondi e senza morti e macerie, elementi in grado di unire un popolo durante un’invasione, ma soprattutto avvalendosi di un esercito di poche migliaia di soldati, verosimilmente giovani, armati solo di potenti reti e pc per lanciare i propri missili attraverso quei sottilissimi cavi che ci uniscono tutti.
Se accettiamo questa visione, non possiamo che auspicare che le istituzioni europee decidano di investire nel settore della cybersicurezza e del cyberattacco prima che in armi e munizioni e, parallelamente, tutelino la democrazia contrastando le fake news che quotidianamente invadono i social per poi venire rimbalzate da quelle forze politiche che hanno in Putin e Trump i loro modelli di governo.
Una simile scelta difficilmente troverebbe opposizioni anche nei governi più conservatori e, quasi certamente, otterrebbe il consenso e il sostegno dei cittadini europei. In una parola, potrebbe unire un po’ di più un’Europa che, ad oggi, appare ancora troppo frammentata per poter affrontare le difficili sfide che la attendono.
Un’ ottima idea.
Interessante
Molto interessante
L’idea di usare hacker non è un deterrente sufficiente. L’Ucraina non si può difendere con gli hacker dagli attacchi armati russi…
I soldati russi si sono affannati a rubare lavatrici e altri elettrodomestici in Ucraina. Con un tale l’evello dí arretratezza tecnologica dubito che gli hacker possano fare la differenza. Oggi come oggi sarebbe molto più utile hackerare Starlink invece che farlo entrare nei nostri sistemi