I postumi di Halloween

C’era una volta una… qual è il termine giusto per indicarla?
Genere femminile, adulta: chiunque userebbe donna, qualcuno forse signora.
E tuttavia, signora – epiteto di cortesia per donna sposata – non è appropriato, proprio no, non calza. Giusto la punta della calza, cioè il fatto che sia stata sposata. Quanto alla cortesia, per carità: introvabile in quella persona. Ecco: questa è una certezza, l’appartenenza al genere umano. Per comodità, diciamo signora e dimentichiamo la cortesia.
Incarnato scuro e rattrappito dall’uso eccessivo di lampade a raggi ultravioletti; occhi appesantiti da palpebre cadenti nonostante la ancor giovane età; angoli della bocca all’ingiù, come quando nei fumetti si disegna il disprezzo; un sorriso – quando capita – con le gengive a vista, con i denti piccoli e radi, molto simile a quelli delle zucche di Halloween con le quali forse trascorreva troppo tempo.
Ne aveva acquistate infatti una gran quantità, tutte sulla rete, con il telefono, in uno dei frequenti attacchi compulsivi durante i quali alleggeriva il conto corrente del compagno (il marito aveva divorziato prima di essere ridotto sul lastrico). Il sostituto, sottomesso e ignorante al punto giusto, la lasciava fare limitandosi ad eseguire la raccolta differenziata degli imballaggi e a mettere in ordine gli acquisti sopra gli scaffali della casetta in giardino: un ricovero attrezzi molto simile alle capanne di pan di zucchero delle fiabe. L’ordine mutava secondo l’umore di lei e lui, prono, eseguiva: più su, più giù, a destra, no, di più, a sinistra, no, di meno… sbuffava ma eseguiva silente.
Il giorno in cui, a cena, gli presentò una vellutata di zucca nascose l’urto di vomito, per fame ingurgitò tutto dalla vaschetta del precotto riscaldato al microonde: «Ti piace?»
Lui non alzò neppure lo sguardo dal pastoso liquido arancione. Emise un verso, assentì con il capo e scolò una bottiglietta di birra: un’esclamazione di piacere accompagnò il tonfo del vetro vuoto sul tavolo e il rutto liberatorio. Prese poi il telefono e si immerse in una chat, mentre lei si diresse alla casetta.
Aveva passato il pomeriggio a pensare quale delle sue zucche esporre per la notte di Halloween. Gliene serviva una abbastanza grande da essere notata da chiunque passasse davanti al suo giardino, bambino, adulto o fantasma che fosse. Doveva essere bella e spaventosa, incutere al contempo ammirazione e ribrezzo. Le passò in rassegna una per una: tolte dal ripiano, rimirate, rigirate, dalla più piccola alla più grande.
“Chissà che fatica!”, direte voi. Nessuna. Le zucche erano leggerissime. Vuote? Sì, certo, come il suo cranio e tutte di plastica. Ah, non ve l’ho detto? La signora delle zucche era una fanatica della plastica. Tutto ciò che la circondava era plastica: il prato, i tavoli e le sedie, le lampade e le fontanelle, e poi ammennicoli, animali a grandezza naturale se già grandi in natura, giganteschi, invece, se in natura piccoli. Una famiglia di cervidi, ad esempio, – piazzata in mezzo al prato a guardarsi in giro – risultava più piccola di una di conigli, adibiti a sedie. Un triste lunapark di periferia.
Anche le zucche, quindi, erano di plastica. Quante erano? Mah, riempivano due scaffali. E no, non ce n’era neppure una adatta all’esposizione notturna. La doveva acquistare.
Subito!
Zucca per Halloween – cerca.
L’indice si spostò veloce sullo schermo. A tratti, più volte, il pollice lo accompagnò e insieme si allargarono come in un’esplosione di gioia. Eureka! Parevano dirsi. Ma no, non era la zucca giusta, uno tornava a scorrere, frenetico; l’altro aspettava paziente il nuovo iato.
Questa!
Pollice e indice allargarono, spostarono, ridussero, cercarono il prezzo.
Quanto costa! – disse l’indice.
Ah, però – confermò il pollice.
Va bene, la voglio.
I tempi di consegna (almeno una settimana prima per organizzare l’allestimento in modo adeguato) non furono rispettati dal corriere e la signora delle zucche riempì l’attesa spasmodica con continue e inutili telefonate al centralino del negozio virtuale che sollecitava il corriere che confermava il pacco in consegna; sì ma quando? In consegna. Clic.
«Pronto… pronto!… Prontoooooo!»
«Le linee sono momentaneamente occupate, la preghiamo di attendere. Un nostro operatore le risponderà appena possibile».
«Mi serve la zucca! Pronto!»
«Le linee sono momentaneam… buonasera sono Anna; come posso aiutarla?
«La settimana scorsa doveva arrivare la zucca. Vi sbrigate o no?»
«Buonasera a lei, signora. Mi può dare per cortesia il numero dell’ordine?»
«Ma gliel’ho già dato! Uffa! 451, a nome Laurenziana Fresconi».
«Località Mignotti numero 55?»
«Sì, Riccorbullo, provincia…».
«Lo vedo: ordine inviato, consegna prevista domani nel pomeriggio.»
«Ma come domani?! Non è possibile, deve arrivare oggi!»
«È già stato sollecitato il corriere.».
«Siete degli zotici, incompetenti».
«Di più non posso fare».
«Il mio allestimento deve essere una bomba, lo capisce o no? Se non arriva neanche oggi, Vedete cosa vi capita, fannulloni, farabutti».
«Non si preoccupi, signora: sono sicura che arriverà per tempo e farà un Halloween col botto».
«Che fa, sfotte?»
«Grazie di aver chiamato. Buonasera».
«Schifosa che non è altro, ha pure riagganciato. Ma ora vede cosa le combino».
Continuò a sbraitare con quel suo tono di voce rauco e acido, sempre alto, fastidioso, come quello indispensabile ai venditori di stracci. Capite bene da questo ridicolo episodio che la cortesia le era proprio estranea.
La sera del 31 ottobre, con l’ultimo giro del furgone, il corriere suonò il campanello della signora delle zucche che si precipitò ad aprire. Uscì in tempo per vedere il suo pacco sorvolare il cancello e atterrare sul suo prato di plastica, lanciato dal corriere che raccolse con una risata improperi per lui incomprensibili:
«Ciao signora». Rispose educato.
Si sarà rotta? (raccolse il pacco da terra. Pesava più del previsto).
Li faccio neri, non sanno con chi hanno a che fare! (poggiò il pacco sul tavolino a cosce di coniglio).
Sai le recensioni negative che gli sparo in rete? (cercò il lato alto per aprire).
raffica! (incise con un coltello l’adesivo).
Ma? (aprì meglio, cercò, rovistò tra le palline di uno strano polistirolo color zucca che ricoprivano un imballaggio eseguito alla perfezione dentro il quale trovò una pentola gialla).
Ho ordinato una zucca, non una pentola a pressione! (si accalorò ancor di più, cercò il telefono, compose il numero del centralino, attese fremente).
«Pronto… pronto!… Prontooooo!»
«Le linee sono momentaneamente occupate, la preghiamo di attendere. Un nostro operatore le risponderà appena possibile».
«Ora mi sentono, ‘sti zoticoni cinghiali luridi bastardi».
«Le linee sono momentaneam… buonasera sono Anna; come posso aiutarla?»
«Una zucca, avevo ordinato una zucca. Mi avete mandato una pentola a pressione».
«Buonasera a lei, signora. Mi può dare per cortesia il numero dell’ordine?».
«451, sempre lo stesso di prima, ignorante!»
«La consegna risulta effettuata. Apra e troverà il suo ordine.».
«Ma lo fa apposta? Io volevo una zucca, ho ricevuto una pentola a pressione!»
«La consegna risulta effettuata. Buonasera e buon Halloween».
Clic.
Il telefono si ruppe quando rimbalzò sul muretto di cinta dove era stato scagliato. Il polistirolo di uno strano color zucca si disseminò ovunque quando Laurenziana estrasse con stizza dall’imballo la pentola a pressione e si impegnò ad aprirla. Pareva una cassaforte.
Per fortuna, a nessuno importava passare davanti alla casa della signora delle zucche per vedere cosa avesse esposto per la notte di Halloween. Era una casa fuori mano, quasi isolata, perciò la pentola a pressione, che la signora delle zucche aveva voluto comunque aprire, non causò gravi danni al circondario quando esplose; solo la signora delle zucche fu portata di corsa all’ospedale dove, con tutta la testa bendata, è ricoverata. I medici non hanno ancora sciolto la prognosi.

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