Tutti sappiamo ch’egli, a tutt’oggi, rimane il più famoso e precoce creatore di eteronimi. Scrive ad Adolfo Casais Monteiro in una lettera del 13 gennaio 1935: “Fin da bambino ho avuto la tendenza a creare intorno a me un mondo fittizio, a circondarmi di amici e conoscenti che non erano mai esistiti. (…) Fin da quando mi conosco come colui che definisco “io”, mi ricordo di avere disegnato mentalmente, nell’aspetto, movimenti, carattere e storia, varie figure irreali che erano per me tanto visibili e mie come le cose di ciò che chiamiamo, magari abusivamente, la vita reale” – Pessoa dichiarava di avere un “cuore freddissimo” usando al suo posto l’immaginazione. Eppure Pessoa perfora l’anima, non è freddo come dichiara: è lucido su tutto ciò che sente e ciò che sente è comune a tutti.
Da dove scaturisce il frantumamento di sé? Dopo la morte del padre e il secondo matrimonio della madre sappiamo che a sette anni si trasferì a Durban (Sud Africa) dove ricevette un’educazione “britannica”: sarà questo a creare un rapporto speciale con la lingua inglese, ma anche ad isolarsi dovendo, per forza di cose, dividere l’affetto per la madre con la prole del nuovo matrimonio; questo non gli impedirà d’essere un allievo brillante. Il cervello lo salva dal cuore, o forse, più che salvarlo, lo strappa dalle insidie del cuore rendendolo “freddissimo”, esaltando la brillante intelligenza che farà di lui figura d’avanguardia dei movimenti letterari portoghesi. Oggi, che si scrive con grande superficialità qualcosa che viene passato per letteratura, Pessoa ci ammonisce che nessuna creazione artistica può essere tale senza attraversare quella strada buia, sconosciuta, impervia, che è anche la più difficile delle prove del rapporto con se stessi.

La statua di Fernando Pessoa a Lisbona
Fernando Pessoa Immaginazione Passione