Il vestito della festa

Ma voi, ce l’avete mai avuto il vestito della festa? Dico voi, lettori di sesso maschile, perché per le donne è tutto un altro discorso, e lo faremo magari un’ altra volta.
In realtà, se dovessi rispondere alla mia stessa domanda, mica sarei tanto sicuro.Vediamo.
Ci sono delle foto che mi ritraggono nel giorno della prima comunione, indosso un completino grigio coi pantaloni lunghi. Avrò avuto 7, 8 anni al massimo, l’ età in cui secondo i grandi avrei dovuto comprendere pienamente l’ importanza e la profondità del gesto che ero chiamato a compiere. Cioè ingerire un dischetto bianco che in realtà non era ciò che sembrava ma l’ intero corpo di un uomo, che poi non era neanche un uomo ma Dio in persona.
Comunque avevo questo completino grigio chiaro, con cravatta, unico tra tanti bambini in pantaloni corti e giacchetta blu. Quello, direi, fu il primo dei miei due vestiti della festa.
L’ altro, molti anni dopo, compare un giorno caldissimo di luglio. Il giorno del mio matrimonio, in Campidoglio. Sorprendentemente, somigliava parecchio al primo. Sempre grigio chiaro, ma molto più costoso. Mamma, che era uno strano tipo, mi aveva regalato l’ unico completo di Armani della mia vita, spendendo un occhio della testa. Lei era così. O il grande gesto, o niente.
Però il secondo vestito della festa aveva un difetto: il compitissimo ma disinvolto commesso di Armani (un vero corpo scelto, i commessi di Armani) l’ aveva convinta che per il luglio romano l’ ideale fosse un tessuto speciale, il cosiddetto fresco di lana. Non vi fidate dei commessi, soprattutto quelli di Armani. Quel giorno faceva un caldo boia, sulla piazza del Campidoglio, col sole a picco sulla testa di Marco Aurelio a cavallo e di tutti i presenti.
Si vede chiaramente dalle foto, che avrei voluto indossare, anche questa volta, il completino blu con i pantaloni corti che avevano allora i miei piccoli colleghi, in chiesa. Raggianti, leggeri, pii e sorridenti, nella più totale ignoranza dell’ atto sacro appena compiuto. Fiduciosi nel futuro, come avrei dovuto essere anch’io in entrambe le occasioni.
Ma non lo ero. E la colpa, ci giurerei, era solo sua: del vestito della festa.

15 commenti su “Il vestito della festa”

  1. Antonella Pontuti

    Semplicemente bello! Gli ormai conosciuti dejavu di Giorgio Cavagnaro evocano emozioni ma anche sentimenti e in questi momenti storici ne abbiamo bisogno.

  2. MYRIAM D ANDREA

    Se può esserti di conforto io per la Comunione ero stata sistemata con un bel saio crema chiaro in mezzo a tante bambine svolazzanti vestite di tulle bianco. 5 anni di collegio, dalle suore, completano il quadro.

  3. Susanna Merloni

    Un retrogusto ironico-malinconico è la cifra della narrazione, piana e dolce come una carezza. Un racconto leggero e denso di pensieri non detti, dove ad essere speciali, diverse dagli altri, sono le cose e le persone: gli abiti ma anche la madre, amata per la sua particolarità , per il suo differenziarsi dai canoni standard e anche il figlio, bambino e poi giovane adulto, in bilico tra aspettative, timori e delusioni. Che tenerezza!

  4. Patrizia Tagliamonte

    Ecco Giorgio Cavagnaro in una delle sue forme letterarie che preferisco, il racconto flash di una esperienza personale che si fa, senza sforzo alcuno, universale. Bravissimo, come sempre. Dunque nessuna sorpresa in questo senso. Più sorprendente e golosa invece la parte escapista, quella in cui Cavagnaro tenta la fuga dalla realtà rifugiandosi nell’immaginazione e nel divertimento. Come dire: tutta altra storia sarebbe stata se avessi indossato quel giorno in Campidoglio i pantaloncini corti… E io ci credo, senza fatica. Bravissimo, Cavagnaro.

  5. Anch’io feci Prima Comunione al mattino e Cresima al pomeriggio del 26 aprile 1964, giusto giusto tra l’onomastico del giorno prima e l’ottavo compleanno del giorno dopo, e anch’io in Campidoglio, rione di Torino però: nella chiesa di Sant’Alfonso Doctori S.E., se ?!…

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