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Cultura

In Iran non coprono la Penelope di Persepoli

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Foto di Giuseppe Lami per ANSA

 

La vicenda delle statue “inscatolate” durante la visita a Roma di Rohani ha fatto un gran rumore. Molti media, e molti settori dell’opinione pubblica, non solo italiana, l’hanno messa nello stesso calderone dove si mescolano la legittima preoccupazione per il terrorismo, l’instabilità del Medio Oriente e del nord Africa e l’islamofobia montante.

Orbene, diciamolo subito: l’Iran è un’altra cosa rispetto ai tagliagole, ai jhadisti, alla follia della distruzione del patrimonio archeologico e artistico. Quella iraniana – e persiana – è un’antica civiltà che ha prodotto grandi poeti, artisti, musicisti, scienziati e, da ultimo, registi. Ma lo stesso Iran del regime teocratico, pur con tutti i suoi orrori, la sua misoginia, la sua feroce repressione, riguardo al patrimonio artistico e archeologico non è assimilabile alla furia iconoclasta dell’ISIS.

Nel museo archeologico di Teheran, ad esempio, ci sono statue femminili, anche nude, esposte ai visitatori. Nei siti archeologici come Pasargade e Persepoli, tra i più imponenti al mondo, molti bassorilievi ritraggono figure virili ben poco coperte, che sono tra i simboli dell’Iran. Infine la “Penelope di Persepoli”, oggetto di un allestimento assai pubblicizzato, cela assai poco delle sue grazie.

 

L’Iran è il Paese dove uno dei suoi poeti più famosi, il grande Omar Kayyam, celebrava nei suoi versi il vino e le belle dal volto di luna. Si dirà che si tratta di poesie antiche. Che dire allora della poetessa ancor oggi amatissima, Forough Farrokhzad, nata a Teheran il 5 gennaio 1935 e morta a Tafresh, 13 febbraio 1967? Scriveva versi come questi:

 

ti voglio, ti voglio, anima mia

ti voglio, ti voglio, abbraccio che infiamma

ti voglio, amore mio pazzo.

Il desiderio nei suoi sguardi fiamme avvampava,

il vino nero nella coppa tremava e danzava.

Il mio corpo sul tenero letto

sul suo petto ubriaco oscillava.

 

La società iraniana in realtà è affamata di cultura, i suoi giovani si abbeverano a quei modelli. Elaborano la musica tradizionale e girano film di grande sensibilità artistica. Diffusissima è anche la cultura giuridica, scientifica e tecnica. Le scuole di medicina sono tra le più avanzate di tutta l’Asia.

La classe media e i giovani hanno espresso la loro sete di libertà con le imponenti manifestazioni del 2009-2010, l’Onda Verde che stava quasi per travolgere il regime dopo l’illegittima elezione di Mahmud Ahmadinejad; fu repressa nel sangue. Il simbolo di quel moto, pacifico e ampiamente popolare è Neda Salehi Agha-Soltan, la diciannovenne bellissima studentessa di filosofia che fu la prima vittima dei carnefici del regime. Ma questa è una storia che merita un racconto a parte

 

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