Caricamento

Digita la ricerca

Polis

Ineleggibile non è una parola

5.376 visite

In otto anni, da quando sono uscito dal Parlamento, non mi era mai capitato di rammaricarmene: questa volta, invece, mi dispiace di non esserci e di non poter, quindi, lasciare agli atti questo breve intervento.

“La legge del 1957 prevede la ineleggibilità per i titolari di concessioni dello Stato. In anni lontani – quando ancora di Berlusconi in politica non c’era neppure l’idea – ho scoperto che questa formula fu adottata per escludere dalla eleggibilità i fratelli Salvo, all’epoca titolari in Sicilia della concessione per la riscossione dei tributi. Ma questo conta poco. Conta, invece, e molto, la lettera della legge. Non pochi sostengono con assoluta certezza che non può essere ineleggibile il titolare della concessione (Confalonieri) e non il proprietario delle aziende che usufruiscono di quella concessione (Berlusconi). Un argomento sostanzialista apparentemente di buon senso.
Ma è un argomento insostenibile dal punto di vista giuridico. Esistono intere biblioteche nelle quali si argomenta e si dimostra che, quando vengano chiamati in causa diritti fondamentali (come è quello di eleggere e di essere eletto), la norma va applicata in senso restrittivo, cioè esattamente alla lettera. In qualunque trattato costituzionale si leggerà che prima viene il diritto, poi la limitazione del diritto; e, per questo motivo, ci si deve attenere a una lettura della legge rigorosa e non analogica.
È ovviamente possibile sostenere che la norma di cui si discute è contraddittoria, insufficiente, sbagliata; perché se è ineleggibile il titolare della concessione deve esserlo anche il proprietario delle aziende. Ma, se è così, si dovrà operare per modificare la norma; non pretendere di applicarla secondo una interpretazione estensiva. Su questa strada c’è – lo ripeto – l’ostacolo di una dottrina chiarissima e univoca che si erge, giustamente, a tutela dei diritti fondamentali della persona e del cittadino. E, se ci si riflette un momento, si vedrà che anche il buon senso concorda”.

Non ho usato nessun argomento politico; solo rispetto della legge e del diritto, come deve essere in casi del genere. Questo mi piacerebbe lasciare agli atti del Senato. Spero lo faccia qualcun altro. Anche se – finora – mi sembra che nessuno ne abbia sentito il bisogno.

Tags:
CLAUDIO PETRUCCIOLI

Nella vita ho fatto molte cose, ho avuto esperienze diverse, ho conosciuto tantissime persone; alla mia età (sono nato nel 1941) possono dirlo più o meno tutti. Mi piacciono molto le esplorazioni di luoghi poco frequentati perché i più preferiscono evitarli Ci sono stati momenti in cui sono stato “famoso”. Ad esempio nel 1971 quando a L’Aquila ci furono moti per il capoluogo durante i quali furono devastate le sedi dei partiti, compresa quella del Pci, di cui io ero segretario regionale. Ma, soprattutto, nel 1982 per il cosiddetto “caso Cirillo”, quando l’Unità pubblicò notizie sulle trattative fra Dc, camorra e servizi segreti per la liberazione dell’esponente campano dello scudo crociato sequestrato dalle BR. Io ero il direttore de l’Unità e mi dimisi perché usammo un documento “falso”; che, però, diceva cose che si sono dimostrate, poi, in gran parte vere. Sono stato in Parlamento e nella Segreteria del Pci al momento in cui cadde il Muro di Berlino, e anche Presidente della Rai. Con queste funzioni sono stato “noto” ma non “famoso”. La fama te la danno i media. Io, durante il caso Cirillo, ho avuto l’onore di una apertura su tutta la prima pagina de La Repubblica: “Petruccioli si è dimesso”. Quanti altri possono esibire un trattamento del genere? PS = Una parte di queste avventure le ho raccontate in “Rendiconto” (Il Saggiatore) e “L’Aquila 1971” (Rubbettino)

  • 1

Ti potrebbe piacere

Lascia un commento

Your email address will not be published. Required fields are marked *