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Manuale di sopravvivenza Racconti Scritture

SE INGRASSI TI TIRANO LE PIETRE, SE NON INGRASSI TI TIRANO LE PIETRE

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C’è stato un tempo in cui non amavo il cibo. Il pasto era solo una tediosa incombenza tra la fine delle lezioni e l’inizio dei giochi. Mentre sentivo pregare le mie coetanee per la casa di barbie o perché Paolo Bonolis leggesse la loro letterina a Bim Bum Bam, io pregavo di non dover mangiare. Meno male che Dio a volte è distratto.
Affinché mangiassi mia madre organizzava gruppi di preghiera e sit-in di protesta al dio dello scassamento di palle: una figlia a cui non sai mai cosa cucinare, e che se lo sai resterà comunque lì a rimasticarlo come un lama per ore, era una gran rottura di ovuli. Non ha fatto in tempo ad assistere alla mia metamorfosi, vedere certe scene invereconde quando sono sola sul divano e ingurgito qualunque cosa sia commestibile o lo sembri.
Perché un giorno, intorno ai 14 anni, scoprii il magico mondo di strafoghilandia. Potere della pubertà.
Allora ci si aspettava che diventassi un pallone aerostatico con le gambe, o che crepassi per improvvisa nutrizione, come quei famosi bambini del Biafra che mi ammonivano sempre a pensare, e che però, bada, non andavano nutriti troppo in fretta. Ma a quanto pareva avevo dalla mia un metabolismo formidabile e potevo grufolare impunemente come i genitori di Chihiro nella Città incantata, senza però tramutarmi in maiale.
«Ma mangi?» era la domanda tipica, seria o scherzosa. Al mio sì come risposta o inarcavano il tipico sopracciglio scettico, altrimenti detto non dire balle, oppure riducevano gli occhi a fessura diventando di colpo tutti diagnosti che Dr. House a confronto è un poveraccio ignorante.
Rassegnati infine al fatto che quel che avevo era tutt’al più un gran culo, figurato, sono cominciate le esilaranti battute. Hai la pancia nella schiena, segui la dieta per entrare nella bottiglia, sei quattro ossa e un bicchiere di sangue… e via ridendo a crepa palle.
E quasi nessuno mi definiva magra, bensì ‘secca‘, spesso con un’amabile sfumatura schifata nella voce.
Talune, sotto l’impeto di Nostradamus, dispensavano vaticini di sventura: «Eh, pure io ero come te, ma vedrai, aspetta di avere 30 anni» e a 30 anni «eh, aspetta di avere quarant’anni». All’alba dei 40 anni ormai ero certa di svegliarmi coi vestiti stracciati tipo Hulk dopo il cambio brusco di stazza; fui sollevata nel trovare il pigiama di Tom & Jerry ancora intatto.
Qualche chilo comunque l’ho preso, anche se sospetto abbia più a che fare col divano che con l’anagrafe, e sebbene non possa dire di aver le fattezze del barile Macallan, penso di poter dichiarare ufficialmente conclusa l’era della magrezza gratis. Adesso al massimo faccio la dieta per entrare nella damigiana.
Però ve lo dico: il primo che fa una qualsiasi battuta su sopraggiunti arrotondamenti lo meno. Perché non crediate che con l’abbuffo impunito io abbia perso anche la memoria, mi ricordo di voi uno a uno. Una secca è per sempre, una secca non dimentica.

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