Joe Oppedisano: fotografo pubblicitario, ritrattista, fotografo di streets, collages, innerself, extensions, e molto altro. Lui, è un italo-americano spesso in giro, perché non riesce a smettere di andare. Come se
dovesse fotografare tutto quello che suscita bellezza: al Guggennheim, alle Biennali, nei musei, turista
professionista per sempre, paesaggi, case, molte persone: ricchi, poveri, senza tetto, modelle, nudi, sempre con la stessa precisione, con la stessa ricerca professionale del click giusto.
Premi, mostre, libri ci dicono che il suo click è davvero giusto. L’ho visto lavorare spesso e la cosa stupefacente è sempre stato il motore della sua macchina che sembra più veloce della macchina stessa. Con i tecnici della Polaroid ha scattato la polaroid più grande del mondo: un formato improponibile.
Oppedisano ha fotografato personaggi famosi e non e li ricorda tutti, si ricorda soprattutto quelli non famosi. Campagna stampa mondiale: il volto di Ronaldo in tutto il mondo per Parmalat, quasi assurdo. Copertine di Capital, Zoom, Panorama Travel, Progresso Fotografico.
Era da qualche anno in Italia quando ci conoscemmo, era arrivato grazie ad Alitalia. Dopo il Queen’s College che lasciò per iscriversi alla School of Visual Arts di New York, lavorò fotografando e promuovendo il turismo Italiano per Alitalia.
Gli chiesero di fotografare nel 76 il terremoto in Friuli. Oppedisano ama troppo la vita per assistere a
tragedie, nelle tragedie è tosto, ma le foto palesemente tragiche non sono nella sua indole, anche se due
rullini li aveva fatti lo stesso. Non gli è mai piaciuto lo still-life. Vuole le cose vive, guardare le cose vere che si muovono, che si esprimono; cerca di catturarle, e lo fa con stile, è stiloso da quel maestro che è.
Oggi è diventato professore di fotografia. Ai suoi studenti spiega come fare la differenza, come uscire dalla massa attraverso l’arte. Gli insegna i generi, le differenze, non spiega molto, piuttosto racconta, lascia fare.
Oppedisano con la campagna stampa Yomo ha inondato la metropolitana di Milano di facce di gente comune, non certo modelli e modelle professionisti ma, il barista, la gelataia, magari di diverse razze, ma tutti ugualmente potenziali consumatori di Yomo. Si aprivano le porte della metro, non c’erano le panchine e gigantografie di persone sfilavano lungo il percorso della linea rossa: foto enormi. L’agenzia pubblicitaria quell’anno vinse un prestigioso primo premio.
Indimenticabile fu la campagna stampa di Technics stereo che mostrava un bambino appeso per i calzoncini e la maglietta in posizione orizzontale, sul filo dei panni per stendere; non era semplice immortalarne la felicità o l’immobilità: il bambino e Oppedisano però ci riuscirono. Rivedendola oggi, l’immagine resta attualissima, rappresenta i figli di un mondo difficile; sembra dire: siamo appesi tutti a un filo, sorridiamo, guardiamo avanti e non perdiamo lo scatto giusto.
Joe Oppedisano resta un poeta, come il bambino: pulito, integro che cerca lo shoot giusto della fdotografia. Non due click o tre, uno. Era la New Age, ora è finita. Fermati, guarda, sembra dire, osserva che l’età nuova non pare finire mai. Alzati e scatta.
Oppedisano sa che la vita è sorprendente, e attraverso l’arte possiamo creare meraviglie. Talvolta basta un click perché molte condizioni umane assumano un significato generale. Le sue Nikon f3 e Nikon f4 sono tecnologia avanzata, si è inventato una parziale eliminazione tra un fotogramma e l’altro in temini ridottissimi. C’erano quelli che non capivano cosa stesse facendo ma, a risultato finale, restarono esterrefatti, si è spinto fino ad inventarsi un’estensione che ha lasciato molti professionisti di stucco.
Estende quel che vede, allarga le vedute come in una danza di energia di un imperatore Ching, è strabiliante, un anestetico, una botta di vita inconsueta. Collage dell’individuo, della sua personalità; accentua i tratti della gente, esaspera o alleggerisce sorrisi e smorfie, aggiunge dettagli, storie, creando con i soggetti che fotografa una relazione che dura un attimo: uno scatto, un pezzetto di vita. Poi mette tutto insieme, usando il prisma sempre presente nella nostra vita anche se non ce ne accorgiamo.

Come nel ritratto di Gillo Dorfles: un uomo che ha vissuto 108 anni e che Oppedisano fotografò quando ne compì cento; un saggio, varie lauree, filosofo, critico dell’arte, amante della musica, quasi un maestro sufi. Nel suo collage, Oppedisano è riuscito a mostrarci il messaggio di questo grande.
Le informazioni che lascia dentro le sue immagini artistiche sono spesso metafore delle storie della sua evoluzione spirituale e professionale. Non utilizza il digitale perché Joe è un artigiano della fotografia; ma le sue immagini si mescolano in collages, si deformano e si allungano, si estendono e si moltiplicano. Una foto: una vita, un click.
Questo straordinario artista, riesce a catturare la felicità nelle persone: una gran dote e una gran fortuna e proprio questa penso sia la sua mission. Non è una mission impossible. Guardare le cose senza filtri, guardarle senza troppe etichette, coinvolgersi, estendersi con consapevolezza, ma sentirsi leggeri, viva la vita che è bella! Never forget it. La realtà è un fuoco che brucia ma l’arte spegne le fiamme quando sono troppo alte: so, thank you very much, mister Joe Oppedisano. *
*Su gentile concessione di civico20news.
bellissimo, grazie.
❤
Grazie a te cara Giovanna❤️
Sono felice sia stato di suo gradimento. Mi pareva giusto omaggiare un grande della fotografia e ringrazio la RIvista Intelligente che attraverso la direttora e i redattori ha fatto uno splendido lavoro!