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Costumi

La liberal pezzent

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Foto di Valeria Viganò

Non sono una radical chic. Anche se molti mi prendono per tale, chissà perché.
Diciamocelo: mi piacciono poco e non piaccio loro, anzi, mi evitano come la peste. Gli abbasso il target. Primo: non sono sinistrissima da yacht, né cinquastella anticonformista in delirio – ma solo di sinistra molto moderata, inoltre: non sono ricca, ma di un banale ceto medio.
Una volta possedetti un Rolex, d’acciaio, me lo aveva regalato un fidanzato, che l’aveva ricevuto per la prima comunione – ho i polsi molto sottili. Ma me l’hanno rubato dei tossici. Uso Swatch colorati.
Sto sempre su Facebook; è poco elegante, ma come invalida non sono in grado di parlare al telefono di gossip per ore, di partecipare a vernissages splendenti, a galà con danze, a dibattiti supremi, presentazioni ufficiali dei più recenti capolavori letterari. Non ho né lo smartphone figo, e neanche il computer con la mela. Sono molto internauta, ma per handicap. Non odio Renzi.
Sono grassa. Mi vesto alle bancarelle, e ogni tanto alla boutique taglie forti sotto casa. Non mi reco a New York, né a Portofino, né in atolli del Pacifico. Non sono intellettuale, ma intelligente – sì, sì eccome. Anche i miei amici sono circa come me. Non sono tinta né rifatta, eppure sono bellissima – come vecchia si intende. Sembro persino elegante, perché ho molto occhio per gli stracci.
Io sono la liberal pezzent.

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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