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La vita di Oliver Sacks

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“Vorrei che non fossi mai nato” disse la mamma al giovane Oliver che confessava la sua omosessualità.

“Mia madre non intendeva essere crudele o augurarmi la morte. Adesso mi rendo conto che era stata presa alla sprovvista e sopraffatta, e che probabilmente rimpianse le parole che aveva pronunciato o forse le segregò in una parte isolata della sua mente. Esse però mi tormentarono per buona parte della mia vita ed ebbero un ruolo fondamentale nell’inibirmi e permeare di sensi di colpa quella che avrebbe dovuto essere un’espressione libera e gioiosa della sessualità”.

Così scrive un uomo che ha profondamente inciso la storia della scienza, abbracciando con intensità un destino insolito e profondo. Un fratello schizofrenico, Michael, che lo motiverà alla ricerca sulla mente, vari amori complicati, incredibilmente tutti con uomini che si ammalarono di sindromi strane e rare, assieme a una sfegatata passione per le moto segnano la sua giovinezza.

Una serie di dolorosi rifiuti da parte di uomini eterosessuali provocano invece la sua discesa nelle droghe. Un giorno di Capodanno, in estasi da anfetamine si disse: “Oliver, se non ti fai aiutare, non vedrai un altro Capodanno. Bisogna Agire”. E così riuscì a disintossicarsi.

Nel frattempo la sua carriera professionale e il suo amore per la poesia, alimentato dall’amicizia con Auden, progrediscono cospicuamente. Il giorno del suo quarantesimo compleanno fa l’amore con un ragazzo incontrato sul lago, e da lì scende un black out assoluto sulla sua vita affettiva e sessuale, che dura ben trentacinque anni.

Scrive libri; ricordiamo Emicrania, Risvegli, che incontra una controversa accoglienza, Su una gamba sola. Accumula un’originale e ricchissima esperienza clinica e rischia la vita in un incidente di montagna. La sua ricerca sconvolge diagnosi e linguaggi precedenti, nutrendosi di numerose ispirazioni artistiche ed estetiche, fino a regalare alla neurofisiologia una visione della mente inedita e rivoluzionaria.

Fino aL’uomo che scambiò sua moglie per un cappello, aveva considerato il cervello organicisticamente come un modello che assembla piccoli organi, senza spiegare però la sua ricchezza e mutevolezza come anche l’individualità del sé. L’incontro con Edelman lo avvicina ad un’idea di una struttura neuronale già profondamente, quasi spiritualmente, intrisa d’individualità.

Diventa per mano della regina Comandante dell’Ordine dell’Impero Britannico, affronta con successo un melanoma all’occhio destro potenzialmente rovinoso e, finalmente, incontra l’amore della sua vita, uno scrittore, Billy Hayes. “A volte mi è sembrato di aver vissuto a una certa distanza dalla vita. Questo cambiò quando io e Billy ci innamorammo… Si imponevano cambiamenti profondi, quasi geologici; nel mio caso a dover cambiare erano le consuetudini di un’intera vita solitaria, insieme a una sorta di implicito egoismo e di eccessiva concentrazione su me stesso. Entravano nella vita nuove esigenze e nuove paure:il bisogno dell’altro, la paura dell’abbandono…”.

Continua, inesauribile, le sue pubblicazioni tra le quali ricordiamo “Diario di Oaxaca” e conclude la sua biografia così: “Nell’arco di una vita intera ho scritto milioni di parole, ma ancora adesso l’atto di scrivere mi sembra nuovo come quando iniziai, quasi settant’anni fa”.

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