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Argentana, Fenomenologia del piropo

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Fenomenologia del piropo

Lo ammetto. Sarà perché vanno tutti dallo psicanalista e sono abituati a raccontare, ma gli argentini con le parole ci sanno fare. Di più: costruiscono situazioni narrative e dialoghi che avrebbero fatto invidia a Nora Ephron. E ti fregano come ridere. Se poi sei una scrittrice e ti innamori della scena prima ancora che della persona, sei fritta.
Non dirò di certe lettere d’amore, ché già è un miracolo riceverne, nell’epoca degli Sms a battute contingentate. Ma esiste uno sport che l’argentino medio pratica più del calcio. E’ il piropo, ovvero qualsiasi apprezzamento a sfondo più o meno erotico fatto da un uomo a una donna allo scopo di ingraziarsela.
Per carità, capita anche a Buenos Aires di ascoltare frasi precotte che ti fanno andare il latte alle ginocchia:
“Ti sei fatta male?”
“E quando?”
“Quando sei caduta dal cielo”.
Le banalità da principianti:
“Se sorridi sei più carina”, scusabile solo tenendo conto dell’età giovanile (under 30) dell’autore. Le cadute di stile da muratore:
“Ti faccio subito quattro figli”, che – urlata da un’auto ferma al semaforo – suona più che altro come una minaccia.
Ma di alcune perle autentiche non posso tacere. Come il tipo hermoso – e sottolineo la parola, perché in Italia certi colpi di coraggio arrivano solo da kamikaze che non hanno niente da perdere – con cui mi sono incrociata in Avenida Santa Fe’. Ci siamo guardati per un secondo, ognuno ha proseguito per la sua strada, ma lui dopo qualche metro mi è corso dietro per dirmi: “Vos sos preciosa”. Matías. Va ricordato nelle nostre preghiere.
Iniziano presto ad allenarsi. Due fratellini di 3 e 8 anni mi hanno visto in vita loro tre volte spalmate su 12 mesi. L’altro giorno, il piccolo mi corre incontro urlando “Fancecca, Fancecca!”. Mi chino: “Ma come, ti ricordi come mi chiamo?”. E il maggiore: “Certo, abbiamo i tuoi libri in camera”. Però quando è troppo è troppo. “Sei un’attrice?”, mi chiede un regista teatrale. “Fai la ballerina?”, azzarda un istruttore di Pilates. Poi arriva Alfre, il mio ex compagno di appartamento: “Sai che cucini bene?”. Ho capito, era tutta una presa in giro. Evvabbé.

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FRANCESCA CAPELLI

Sono nata a Bologna, mi sono diplomata al liceo linguistico e ho una laurea in Scienze politiche. Leggere e scrivere sono da sempre la mia passione. Ho iniziato a fare sul serio quando sono entrata all’Istituto per la formazione al giornalismo di Milano. Dopodiché ho lavorato in varie redazioni a Milano: Reuter’s (agenzia di stampa), Grazia, L’Unità, Newton. E dal 2000 ho scelto di diventare giornalista indipendente. Il mio primo libro, “La macchina uomo” (Dami), è stato pubblicato nel 1998. Sono golosa di cioccolato, soprattutto al peperoncino. Sono mancina e me ne vanto. Anzi, è la cosa di me che preferisco. Vivo a BuenosAires dal 2012.

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