Lavorare non stanca (se spuntano le ali)

Seguo il filo dei pensieri, dietro la scrivania.
Salvatore è un pescatore; è venuto con la giovane moglie e tre frugoli per parlare con il direttore della banca.
E’ preoccupato, perché deve sostituire il motore del peschereccio e ci vogliono cifre che non sarà facile concedergli, vista la scarna sua dichiarazione dei redditi. L’italiano con cui si esprime non è poi dei migliori, è tanto facile impappinarsi. Non meraviglia quindi che la moglie rimproveri in continuazione i bambini irrequieti.
Don Luigino è un pensionato, la figlia vorrebbe sposarsi, occorrerebbe riattare quella vecchia casa di proprietà, ma occorrono tanti soldi. E’ persino intimidito, non ce lo saremmo mai aspettati da un vecchio maresciallo dell’Arma.
Assuntina fa invece l’estetista, e vorrebbe aprirsi un salone tutto suo. Direttore, dammi fiducia, ti prego, sembra dire muovendo nervosamente le mani. Dall’altra parte del tavolo, sento di dover meritare il privilegio di poter fare qualcosa per questa bella umanità, che rende il mio animo più sensibile, col solo fatto di parlarmi. E, mentre fisso gli occhi in quelli un po’ umidi, ma fieri e forti, dell’Assuntina, mi scorrono nella mente i fotogrammi di quel film di Frank Capra, “La vita è meravigliosa”, che riappare nei palinsesti, specie in occasione delle festività natalizie.
Per chi non lo sapesse (ma saranno certamente in pochi) James Stewart impersona George Bailey, un imprenditore ingenuo che – disperato per insuperabili traversie – vuole togliersi la vita. Mentre dall’alto di un ponte medita l’estremo gesto, gli si avvicina un vecchietto, che altri non è che Clarence, un aspirante angelo, in missione sulla terra per compiere una buona azione. Solo così potrà ricevere le sue ali d’ordinanza.
La buffa creatura riesce a dissuadere il nostro eroe, mostrandogli come sarebbe stato il mondo se non fosse mai nato, e come tutto sarebbe più povero, se venisse a mancare il contributo, apparentemente marginale, di una sola persona onesta.
La suggestione di questa bellissima favola (al momento della realizzazione della pellicola, nei cuori americani albergava la solidarietà sociale, figlia delle politiche del New Deal roosweltiano), stava proprio nella contrapposizione tra gli abissi del pessimismo e la lezione dell’ottimismo del voler fare, per cambiare in meglio la realtà e i rapporti tra gli individui.
Alla fine, nel tintinnare argentino dei campanelli, Clarence ottiene le ali, Bailey vince la sua battaglia e, almeno in quella raffigurazione un po’ moralistica della metà degli anni quaranta, l’amore e la speranza trionfano sull’indifferenza e sull’avidità umana.
Mentre si srotola la pellicola verso il the end consolatorio, pensiamo che, nella semplicità della routine quotidiana, possiamo essere protagonisti e dire “ci siamo anche noi”.
Così, Salvatore alla fine solcherà le onde con la barca, per guadagnare la sua giornata. Il maresciallo, quando pagherà le rate, farà magari il conto degli interessi maturati, ma nel frattempo sarà diventato nonno felice. E’ sabato, e il negozio di Assuntina è affollato da tante signore in attesa di farsi belle per gli impegni mondani della sera.
Lavorare stanca, diceva Pavese, ma se senti lo scampanellio sul sottofondo, ti affatichi di meno e sei più felice.

 

 

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