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Musica

Le roi s’amuse

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«Giovanni, pourquoi pas?»
«Jean, ma musique c’est pour l’Opéra non per le tue sciocche comédie!»
Cosi finì l’idillio dei due geni che alla corte di Luigi XIV furono soprannominati Les Deux Jean-Baptiste. La loro vita scritta da un’identica parabola: iniziare da origini popolari, diventare i “prediletti” del Roi Soleil, morire platealmente in scena. Questo accadde a Jean Baptiste Lully e Jean Baptiste Poquelin detto Molière
Lully era italiano anzi, di più: fiorentino. Dai tempi di Caterina de’ Medici, florentin, non era aggettivo lusinghiero, la corte glielo ricordava a ogni occasione. Anche il potente Cardinal Mazarin, o meglio, l’abruzzese Mazarino, lo ostacolò preferendogli altri connazionali. Grazie all’illuminato re Luigi, venne naturalizzato francese. L’incontro con Molière fu un fuoco d’artificio. Divennero amici veri e non per convenienza. Il furore dell’arte li faceva vibrare all’unisono. Lully scrisse le musiche di scena per le comédie di Molière. Guitto autentico, l’italiano si divertiva a recitare rendendosi irriconoscibile dietro al maccheronico pseudonimo di Chiaccheron, così da ottenere, con la collaborazione del suo amico commediografo, la parte del Gran Muftì ne Le Bourgeois gentilhomme. Egli stesso, durante la Cerimonia Turca, inscena un finto idioma che di turco ha ben poco per le nostre orecchie: «Se ti sabir, ti respondir, se non sabir, tazir! Non intendir? Tazir!»
La gloria de l’Opéra lo reclamava, il suo potere a corte aumentò. Le commedie di Jean divennero strette per la musica di Giovanni. L’amicizia si ruppe. Il francese Lully, divenuto ormai plenipotenziario delle Arti, avocò a se i diritti di rappresentazione per ribadire il nuovo ordine gerarchico: Opere Musicali di Lully con accompagnamento di testi di Molière.
Il buon Jean si rassegnò, ma scrisse ancora molti capolavori. L’olimpo dei grandi lo accolse al termine di un molto reale Malato Immaginario. Si dice portasse un abito verde in quell’ultima rappresentazione. Tuttora, in Francia, si evita quel colore in scena. Lully morì di setticemia dopo essersi ferito a un piede, in un’esecuzione pubblica, con un pesante bastone che si usava per “battere” il tempo. Pare che lo stesso re Luigi, alla notizia della sua morte abbia detto: «la Musica, da oggi, non suona più!»
A noi resta un impossibile desiderio: vederli in scena insieme.


DIEGO C. de la VEGA

… l’ex-moglie (probabilmente l’ultima) lo definisce “un delinquenteeeee!”. I più non lo reggono oltre gli 11 minuti, ma per i pochi che hanno sopportato con benevolenza i suoi difetti: De la Vega è una persona d’oro! Ha vissuto dividendosi tra Madrid, l’ex Repubblica di Genova per approdare a colonizzare, attualmente, il sub-Piemonte. Autentico fantasista, ha svolto innumerevoli attività. Filoenologo, musicista, cuoco-pop, musicoterapeuta pentito, ex politico in erba, sartina-smart, giusperito incompiuto, lobbysta, elettricista, falegname, idraulico, appassionato d’arte contemporanea, genio dell’informatica fai-da-te. Ama la musica antica e le opere di Philip Glass saltando a piè pari tutto l’800 che trova disgustoso. Un uomo meraviglioso se non fosse per un solo piccolo difetto: riesce a volgere tutte queste sue doti in armi letali con cui produce catastrofi inimmaginabili pur non volendo! I suoi insegnanti delle scuole elementari, capendone il valore, dopo il classico “è intelligente ma non si applica” lo promossero a un definitivo: è una Mancata Promessa! Attualmente, non volendo farsi mancare nulla, si è dato anche alla scrittura essendo stato ospitato su LaRivistaintelligente.it dalla benevolenza di Giovanna Nuvoletti, e pubblicando racconti in due antologie di Edizioni2000diciassette, grazie all’invito di Maria Pia Selvaggio che, chissà come, lo ha scoperto. .DeLaVega si chiama Diego e non è uno scherzo cosi come è vero quanto detto sopra.

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