– Cosa stai leggendo?
– I Pensieri di Pascal.
– Come mai?
– Mi sembrano attuali.
– In che senso?
– Pascal distingue due modi di conoscere: l’esprit de géométrie, cioè il ragionamento dimostrativo, e l’esprit de finesse, cioè l’intuizione che coglie l’essenziale a partire dall’esperienza interiore. Scrive: «Le cœur a ses raisons que la raison ne connaît point» (Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce).
– Quindi cuore contro ragione?
– No. Per Pascal le due forme di conoscenza si completano. Il problema nasce quando ci si affida solo all’esprit de géométrie, cioè alla logica calcolante, dimenticando quella conoscenza che passa per l’interiorità, i sentimenti, per la dimensione spirituale. Riflessioni molto interessanti in quest’epoca caratterizzata dall’intelligenza artificiale.
-Cosa c’entra l’intelligenza artificiale?
– ChatGPT funziona solo con l’esprit de géométrie: calcoli, pattern, statistiche. L’esprit de finesse invece gli è precluso, perché richiede un “sé” che viva esperienze, e questo l’IA non ce l’ha.
– Non potrebbe simulare anche quello?
– Simulare sì, vivere no. Ti può dire: «scusa, ho sbagliato», ma non prova nulla. È un attore che recita la parte. Se sbagli tu, invece, ti tormenti per ore, magari ti passa l’appetito e non dormi la notte. Una macchina non conosce nulla di tutto questo.
-Manca l’autocoscienza.
– Esatto. Senza autocoscienza non c’è esperienza interiore e senza esperienza interiore non può esserci esprit de finesse. L’IA registra, rappresenta, ma non sente. Io posso misurare il tuo battito cardiaco quando sei ansioso o il tremore della voce quando hai paura, ma non posso tradurre in dati la sensazione unica che provi quando t’innamori. Ci sono esperienze umane che non possono essere ridotte a dati da trasmettere agli algoritmi.
-Però non tutti danno importanza a questa dimensione spirituale di cui parla Pascal.
– È vero. Lo so. In lui l’esprit de finesse è legato a Dio, alla religione, ma credo che abbia valore anche per chi non crede. È un richiamo a non ridurre l’uomo a pura ragione calcolante. Scrive Chiara Giaccardi : “E lo spirito non è una dimensione a sé, incorporea e aleatoria, ma il soffio che permea la vita e la rende viva, che rende il pensiero libero e le relazioni capaci di sottrarsi alla logica dell’utile e del dominio. È significativo che Paul Valery, parlando della crisi dello spirito nell’Europa del dopoguerra, utilizzasse la parola esprit sia nel senso di spirito che nel senso di intelligenza. Quell’intelligenza capace di cogliere anche l’invisibile, quell’esprit de finesse di cui ha scritto Pascal, senza coltivare il quale la generazione B sarà anche la prima che rischia di essere totalmente eterodiretta da quella mirabile opera dell’uomo che, senza essere considerata come tale, diventerà onnicomprensiva e totalizzante.” (clicca qui)
Chi usa ChatGPT deve essere consapevole che le sue risposte possono essere utili, stimolanti, gli errori che commette dovuti alle sue caratteristiche strutturali possono diminuire, ma rimangono solo un tessuto di pattern statistici, non un ragionamento vissuto; chatGPT non ha un cuore che pulsa. Se ci abituiamo a trattare l’intelligenza artificiale come un essere vivente, rischiamo di dimenticare che a essere vivi e ad avere un cuore siamo noi.


Ma siamo proprio sicuri di averlo anche noi, questo “cuore”? Non è che siamo un groviglio di algoritmi che si illudono di avere dentro chissà cosa, tipo la famosa, misteriosa, inafferrabile, inesplicabile anima?
per ora non so – cosa sia l’intelligenza, cosa sia la creatività, sia scientifica che artistica, non è molto chiaro. Chiaro è che AI non ce l’ha
Un cuore ce l’abbiamo. A volte batte più forte, quando ci si emoziona. Quando smette di battere chissà…. Pascal aveva formulato una scommessa. ChatGPT di certo è senza cuore.