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DIARIO DI UNA NONNA AUTOISOLATA

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Prigioniera, prudentissima e ligia. Anche spaventata. Ho 77anni, nel corso della vita ho avuto diverse polmoniti, ogni nuova stagione mi vaccino contro l’influenza “normale” e adesso, con l’arrivo di Covid19 supercontagioso e senza terapie, sto rispettando ogni indicazione ufficiale. Obbedisco, per me e per gli altri – ma insieme voglio anche rilassarmi, distrarmi, persino divertirmi. Ho visto in tv medici e infermieri cinesi – dio solo sa quanto stressati – ballare (bene) in tuta e mascherine – per uscirsene un po’ dai neri pensieri. Per trovare la forza di continuare a lottare. Mi sono emozionata. Così si fa, mi sono detta. Non posso più andare al cinema, al ristorante, al bar, a cena dagli amici, e neanche girare in shopping per negozi e grandi magazzini? Vivrò lo stesso, meglio che posso.
Praticherò soprattutto Internet, va da sé, già i figli stanno tele-lavorando e anche tele-comunicando con gli amici, e i nipoti tele-studiano e tele-giocano con le loro bande minorenni. Continuerò, investendo ogni sentimento, a comunicare con loro virtualmente. Approfitterò dello strano interludio obbligatorio per diventare una migliore navigatrice, sfruttando al massimo le opportunità che la tecnologia ci offre – so che mi sarà utile anche dopo la fine dell’epidemia. Sfrutterò le grandi possibilità di comunicazione e di umanità che i social, Facebook, Twitter, Instamatic, permettono, usando, nel frattempo, tutta la mia competenza per combattere le fake news, che continuano a spuntarvi a opera di perniciosi imbecilli. Ho intenzione di tenermi stretti i miei cari, le mie preziose amicizie – virtuali e non – il sapore della vera vita con gli strumenti che ho. Con tutti voi, con serietà profonda e anche in allegria. Evviva il web. A proposito: una buona idea è iscriversi al magnifico corso di scrittura online di Valeria Viganò, per esempio; mi sa che lo rifarò, per la quarta volta: Valeria si rinnova di continuo, e mi renderà ancora migliore scrittrice.
Mi ordinerò buoni libri online, riprenderò romanzi o saggi che quest’estate avevo comprato, e presa da mare e allegre compagnie mai mi ero sognata di leggere. Leggere è vivere davvero, lo so per esperienza, vissuta in lunghe malattie e convalescenze – leggere è sempre occasione di pienezza per ognuno. Poi, certo, la TV è la fuga di prammatica, e Netflix è ricco di belle serie e bei film, scegliendo bene. La radio, la cara vecchia radio continua a irradiare nell’etere, e permette tanta libertà. Il telefono, sì, il caro vecchio tuu tuu: per me, con la mia lesione all’orecchio interno, parlarci dentro è doloroso e difficile, ma ci riesco: con i figli e i nipoti, lasciando una mezz’ora tra una chiamata e l’altra, per darmi il tempo di riprendermi – ho troppo bisogno di sentire le loro voci, vicine e calde. Devo parlare anche con le mie amiche del cuore su Facebook – siamo lontane ma le anime sono vicine.
Di sicuro, e qui lo prometto solennemente, lavorerò con sempre maggiore passione, in compagnia della tostissima Redazione tutta, alla nostra Ellerì, la Rivista Intelligente, sulla quale io ora sto scrivendo e voi mi state leggendo, e che vi regalerà ogni giorno pensieri nuovi e stimolanti, penetrazione e distrazione, intensità e umorismo con le nostre molte e diverse voci.
Mi sono munita del modulo di autocertificazione, dovessi per caso uscire, ma d’ora in poi ordinerò la spesa online.
No, non mi lascio sconfiggere dal virus. Scatto fotografie, scrivo, comunico. Pubblico. Racconto la mia esperienza, le mie emozioni ai tempi del corona, ascolto le vostre. Scruto in un vuoto inatteso, cercando significati dentro me, approfittando del silenzio che mi circonda per vivere un po’ di introspezione, e poi condividere con voi i risultati…
e se avete altri consigli, per tenerci stretta la gioia anche di questi tempi, li ascolterò volentieri. Scrivetemeli
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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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