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Paradiso inferno, una famiglia tremenda

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Tremendi, davvero. Prima la figlia, arida, arrogante, arresa alle proprie debolezze. E poi il padre, 70enne pescecane dai denti affilati e dagli occhi di zaffiro. Marta l’obesa, non bionda e non bella e Attilio Bonifazi, re delle immondizie, il re di Roma. Tremendissimi e dannati incedono, a passi solenni, nel romanzo di Teresa Ciabatti. Subito indimenticabili.
“E mentre il citofono riprese a suonare, lei pensò che odiava tutti senza distinzioni: sua madre, suo padre, suo fratello, Melania, Lorenzo, e pure quella maledetta filippina appiccicata al citofono”. Odiava tutti, Marta, nella villa sublime dotata di piscina termale, nella stanza con televisore 84 pollici, stereo, playstation, bagno attiguo, vasca idromassaggio, terrazzo personale, affaccio sul parco e sui resti archeologici. Oppure avrebbe voluto amarli, tutti.
In questo paradiso deserto si snoda una macchina infernale, costruita alla perfezione, dove cuori che paiono di pietra si spezzano l’uno dopo l’altro come fossero di marzapane.
Marta una sera investe con l’automobile un ragazzo, Lamberto Ciabatti, che resta paralizzato. E’ l’atto, mai scontato, mai punito, che lavora sottotraccia alla perdizione della potente famiglia Bonifazi. Forse il resto è solo conseguenza. Vendetta silente e ineluttabile.
La storia man mano si gonfia, la putrefazione appare in superficie. I segreti indicibili affiorano. Abbondano i gesti inconsulti. Pentimenti, lacrime e ancora crudeltà. Nessuno è ciò che sembra, meno di tutti il padre. Amore/non amore, amore chiamato vizio per errore, ma che divora. Anime senza riscatto, ma patetiche, che si agitano nell’affresco grottesco, eppure a volte commosso, di un mondo impossibile, ingiusto, stupido. Incapace di respirare il senso della vita.
Poveri, cattivi Bonifazi, ci si dice, chiudendo a malincuore l’ultima pagina, e domandandosi come sarà mai il loro futuro. Affonderanno per sempre nell’umiliazione e nella miseria? Si riscatteranno grazie a imprevedibili risorse dei sentimenti? Chissà.

“E allora lei scattò in piedi con tutta la forza che aveva, tutta la forza dei suoi cento chili, superò la barriera delle persone intorno e riuscì a fare quello che non aveva fatto la notte sulla strada dopo aver investito il ragazzo… Oggi Marta si alzò… e spiccò una corsa, leggera”. Verso il nulla? Verso la più terribile delle rivelazioni?

Il mio paradiso è deserto di Teresa Ciabatti. Ed. Rizzoli. 282 pagine, 17 euro.

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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