Pensieri su un Montale vero

da MEDITERRANEO

Antico, sono ubriacato dalla voce
Ch’esce dalle tue bocche quando si schiudono
Come verdi campane e si ributtano
Indietro e si disciolgono.
La casa delle mie estati lontane
T’era accanto, lo sai,
Là nel paese dove il sole cuoce
E annuvolano l’aria le zanzare.
Come allora oggi in tua presenza impietro,
Mare, ma non più degno
Mi credo del solenne ammonimento
Del tuo respiro. Tu m’hai detto primo
Che il piccino fermento
Del mio cuore non era che un momento
Del tuo; che mi era in fondo
La tua legge rischiosa: esser vasto e diverso
E insieme fisso:
E svuotarmi così d’ogni lordura
Come tu fai che sbatti sulle sponde
Tra sugheri alghe asterie
Le inutili macerie del tuo abisso.

Questa potente lirica montaliana appartiene alla silloge intitolata “Mediterraneo” e inserita nel corpo di “Ossi di seppia”, raccolta pubblicata nel 1925, un secolo fa. Ci troviamo idealmente, e anche realmente, nel cuore della poetica montaliana, legata alla Liguria e alle sue origini. All’infanzia, alle radici esistenziali e poetiche e intellettuali. Il mare, maestoso, forte, capace. Il mar Mediterraneo che sbatte le onde sulle rive a volte anche con violenza. Il mare che ispira sin da piccoli a trovare il proprio respiro proveniente dal suo, instancabile, a volte cruento. Il mare davanti al quale, da bambino, il poeta si è sentito figlio anche indegno di tale possanza. Il mare che chiama al destino da forgiare, da determinare. Che chiama ad essere magnanimi e forti ma anche duri.
Il mare è Antico, che vuol dire esserci stato mille volte prima di noi, che vuol dire esserci da sempre. Il mare che è padre a volte anche lontano pelago irraggiungibile. Oppure irruento, ondoso, tempestoso. Ma il mare ti ubriaca col suono delle sue verdi campane, le sue onde spumeggianti, vigorose, il segno della sua forza. Il mare gli aveva dato un solenne ammonimento: essere parte del suo respiro. Il poeta si impietra allora come ora davanti a tale esempio. Essere come il mare, vasto e potente ma intanto esser se stesso pur piccino, trovare un ruolo, essere qualcuno. Ma essere forte e liberarsi dei residui di dolore e di rabbia. E soprattutto ripulirsi come fa il mare buttando fuori sughero, alghe asterie, dal suo schiumoso ventre sulle sponde. È piccolino l’uomo che è stato bambino davanti al mare ed è insufficiente a domare i suoi rancori, l’odio, le macerie che dentro uccidono la speranza. Troppo grande il potere del mare/padre che è visto immenso, incomparabile ma anche persecutore incessante col suo grande dominio.
Che dire? Una poesia che spazia dall’infanzia alla vita adulta, nella consapevolezza che non si può essere quello che si voleva e si sperava di diventare sull’esempio antico del mare-padre.

7 commenti su “Pensieri su un Montale vero”

  1. FEDERICO MADERNO

    … se si vuole vedere il mare, bisogna farlo l’inverno. Perché l’inverno, il mare è mare e basta. È lui il protagonista. Senza orpelli e senza il vociare e gli schiamazzi che coprono finanche il rumore delle onde.
    Ecco, se volete sapere cosa sia la costa ligure, per prima cosa, dovete imparare ad ascoltare il suo mare. Che dalle nostre parti non ha un solo accento, ma ha mille voci, una per ogni diverso refolo di vento che increspa la superficie al largo e la manda qui, a battere gli scogli o a lisciare la rena. Se li avete, dovete chiudere gli occhi, concentrarvi, ed ascoltare la musica del mare.
    Ci sono giorni in cui la melodia è rabbiosa. Ve ne accorgete dalla spuma che si forma lontano, molto prima che le onde s’infrangano, e lo sentite ogni volta che l’acqua, ritirandosi dalla striscia di sabbia più fine, scopre la ghiaia e più indietro, i ciottoli oblunghi e appiattiti. È una molla che si carica, un sistema energetico che richiama le forze, le accumula, s’ingrossa e s’inorgoglisce.
    E quando scatena il suo colpo, il suono cupo e improvviso è una liberazione, il rullo di timpani dell’orchestra, una dimostrazione di potenza e insieme la promessa che in serbo ci sia ancora, a momenti, un fragore più assordante, uno schianto supremo.
    Ma prima del nuovo cimento, la spuma canuta s’allarga, raggiunge confini inusuali, salendo la riva e friggendo di bolle improvvise, s’allunga sottile, s’incrocia in leccate indolenti, che sfrigolano ardite sfiorando la sabbia elevata, rimasta più asciutta.
    Se vi piace la dolcezza, invece, dovete aspettare le rare giornate di bonaccia e avvicinarvi maggiormente alla battigia, fino a sfiorare il bagnato coi piedi (naturalmente, se li avete). Quando il mare non ha voglia, si riposa. Si traveste da lago, piuttosto. È un’acqua indolente, da tappi di sughero appena frementi, biancore di sassi appiattiti e paguri che corrono al fondo. E le onde di un tempo, adesso, son ricci puliti che s’aprono senza rumore.
    Ma sono promesse di marinaio, ché tosto la voce s’ingrossa e l’onda ritorna a spumare. E dove la costa è selvaggia e il monte s’innesta nel mare, s’infrange su scogli lisciati, colora di verde gli anfratti, recondita scova interstizi da cui scaccia l’aria, la soffia da mille fessure.

    Se poi volete sapere quale sia la canzone più bella, io non ho la minima esitazione a dire che la risacca, quella vera, urlante e ringhiosa, è lo spartito che mi piace di più. Nella risacca, c’è tutta la filosofia del mare. C’è la voglia di strappar la materia alla terra, di accaparrarsi la roccia più dura. Ecco: se non avete mai sentito la risacca sulle spiagge della Liguria, non avete mai sentito il mare, credetemi.

  2. Loana Boccaccini

    Sì, gagliardo e potente il mare di Liguria! Dopo aver passato le mie estati infantili in Versilia adesso,da molti anni passo l’estate in Liguria, sul Mesco che guarda Levanto,e quando si arriva al crinale,contempla Monterosso. Ora che sono in pensione ci passo anche lunghi periodi d’inverno e ritrovo molto della descrizione appena letta del mare che la frange.
    Voce potente, rimbomba negli anfratti rocciosi, risuona in modi diversi la risacca..
    In Versilia era il biancore e l’estensione dei ‘cavalloni’ che diventavano spuma sulla sabbia la sola differenza col mare calmo. Spiace dirlo, perché ho molto amato anche la Versilia,ma per il mare non c’è confronto.
    E non si è detto abbastanza dei colori che assumono tonalità differenti a seconda delle pietre e dei massi che lo abitano: il verde di Levanto,il rosso scuro di Bonassola..
    Complimenti!

  3. Franca Quatrini

    Che meraviglia quello che hai scritto e come lo hai scritto. Chi ha conoscenza del mare ha un grande tesoro nella mente.

  4. marco morello

    Di pomeriggio
    decido di spiaggiarmi
    come un’épave baudelairiana
    proprio sulla battigia,
    e le onde arricciolate
    che si schiantano irresponsabili
    sulle membra distese
    mi danno la sensazione
    della docile fibra ungarettiana,
    ma ancora più
    di un osso di seppia
    rigirato dalla risacca…

    (B.V. – 11.7.14)

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