Romanzo d’appendice – 5

MR.MOONLIGHT

God Jeff stasera è gasato. Al massimo della forma. Sta intrattenendo gli ospiti da par suo, la parete fino a mezz’ora fa completamente bianca del suo salone è ora riempita di ghirigori, arabeschi, simboli oscuri di ogni foggia e colore.
Jeff sta creando il capolavoro in diretta, per i suoi amici più cari. Forse però soprattutto per Eraldo Moskovitch, il critico che dopo un appostamento durato anni è riuscito a portare qui, a casa sua, quando tutto sembrava ormai perduto. Sta andando tutto liscio come l’olio, nessuno ha notato più di tanto l’assenza di altri artisti di nome, accuratamente tenuti alla larga.
“Se solo quella stronza di Sara Pignotti, <‘a ministra>, fosse venuta come aveva giurato e spergiurato fino a due ore fa, in questa sala mancava pure l’aria per respirare. Ma vafangulo ai politici e ‘mmerda”. Jeff si concede nel pensiero, solo nel pensiero, l’utilizzo saltuario di espressioni tipiche del nativo dialetto casertano.
Moskovitch, intanto, osserva la furibonda selva di segni che si sviluppa davanti ai suoi occhi come fossero scarabocchi infantili privi di qualunque significato artistico.
Ma ecco che Jeff ha pronto il suo coup de theatre. Si ferma di botto, come colto da un pensiero che lo sta sopraffacendo, quasi violentando. E con visibile sofferenza, emette la seguente citazione: “A quattro anni dipingevo come Raffaello, ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino”. Un aforisma di Picasso che conoscono anche gli studenti delle medie.
Si copre la faccia con le mani e, dopo una pausa né lunga né breve, studiata per lunghe ore davanti allo specchio, scoppia in un pianto dirotto, subito confortato da Maricla e dagli amici più intimi. Moskovitch non perde un’oncia del suo proverbiale aplomb e, anzi, sembra sogguardare Jeff con una punta di malcelato disprezzo. Ma tace, nel suo leggendario stile minimalista.
Gualtiero e Zippo invece hanno fraternizzato definitivamente. Stanno parlando ormai da quasi due ore, incuranti sia delle discutibile colonna sonora della serata, sia degli ululati che accompagnano le performances di Jeff nel
salone accanto. Hanno scoperto di avere delle cose in comune. La passione per i Beatles, su tutte, ma anche un passato di discreti musicisti a livello dilettantistico, uno come batterista e l’altro come chitarrista.
L’ormai asciuttissimo Zippo è rimasto colpito dalla enciclopedica conoscenza dimostrata da Gualtiero su tutto quello che riguarda i Fab Four e dal fatto che possieda una discreta collezione di chitarre d’epoca.
“ Cioè, tu mi stai dicendo che c’hai anche la Gretsch? La Gretsch di George?” Continuano a parlare dandosi sulla voce, si scambiano informazioni, assaporano una delle sensazioni più belle concesse dal cosiddetto vivere sociale: la condivisione del senso di appartenenza a un club, a una setta, a qualcosa.
Quando decidono di andarsene, sull’onda dell’ennesimo brano di Ligabue e con Jeff ormai fuori controllo, si ripromettono di incontrarsi. Gualtiero ha qualcosa che gli ronza in testa. Non sa ancora bene come, ma intuisce che questa amicizia può portare a qualcosa di buono, di produttivo.
Un progetto? Forse. (Continua)

Per leggere la puntata 1 clicca qui
Per leggere la puntata 2 clicca qui
Per leggere la puntata 3 clicca qui
Per leggere la puntata 4 clicca qui

 

5 commenti su “Romanzo d’appendice – 5”

  1. Susanna Merloni

    Avvincente !
    God Jeff è un personaggio estremamente divertente, rappresentativo di un certo tipo di artista. Con Gualtiero e Zippo, poi, anche noi cominciamo a fraternizzare…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto