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Salite a bordo

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Mauro è un nostro amico, quello che, in riva al mare, su una spiaggia libera e quasi selvaggia, l’estate scorsa ha cominciato a insegnare a Martino, il mio nipotino con autismo, come si può navigare con altri bambini. La sua non è una scuola per disabili, è una scuola per l’inclusione.
Vorrei farvelo conoscere, perché sa mettere tutte le sue energie per costruire esperienze, saperi, avventure, tecnica, rapporti umani e sogni per un mondo migliore. Io ho deciso di sostenere con una donazione il suo progetto “La cura del vento”, per aprire la scuola ad alcuni piccoli pazienti dell’ospedale Bambin Gesù.Leggete la sua lettera, dove spiega il senso e il modo del suo amoroso lavoro, molto meglio di quanto possa fare io. È subito qui sotto. La raccolta fondi sta per terminare, affrettatevi!
Giovanna Nuvoletti

La scuola di vela "Mal di Mare"

La scuola di vela “Mal di Mare”

«Caro ,
da oltre vent’anni la Scuola che dirigo accompagna per mare i tuoi figli o quelli dei tuoi amici. Li allena alla relazione, al rispetto dell’altro, ai mille cambiamenti della natura marina. Li abitua a sentire più che a capire, a saper essere prima ancora di diventare.
Spesso mi avrai sentito dire che la disabilità è una risorsa e non una mancanza, a volte l’ho sentito dire anche io da altri, ma all’inizio non ero ben convinto che fosse vero.
C’è voluto del tempo perché questa convinzione si facesse largo e trovasse in me una eco riconoscibile e riconoscente.
E’ stato quando ho visto da vicino certi ragazzi con un danno genetico o cerebrale diventare maestri di quelli cosiddetti sani o normodotati. Li vedevo Maestri nella piena concezione tommasea, di coloro cioè che evocano il sapere nell’altro. E’ stato quando ho visto certe fragilità diventare una forza di inaudita efficacia, e trascinare il cuore e il coraggio di chi gli stava attorno oltre la difficoltà, quando la sola presenza silente di certi ritardi cognitivi mi ha fatto diventare migliore nel saper essere d’aiuto. Allora mi son detto che doveva essere una scuola che funzionava, e che quell’apprendimento era il cibo che ci avrebbe nutrito tutti insieme, gli uni con gli altri, a prescindere da qualunque differenza. Anzi, proprio grazie a queste.

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Oggi, la Fondazione Vodafone Italia ci ha dato, scegliendoci tra 600 progetti, l’opportunità di partecipare a una bella sfida: una campagna di crowdfunding per sostenere un progetto di collaborazione con l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, in particolare con il Dott. Maurizio Sabbadini, della neuro-riabilitazione pediatrica di Palidoro. Al raggiungimento del target previsto, la Fondazione raddoppierà la cifra, ma se non ce la faremo, tutti i contributi verranno restituiti al mittente. Questo è il gioco, o se vuoi la sfida o il rischio che ti chiedo di correre con me e con tutti gli altri che finora hanno dato il loro contributo: passare dalla cura di una qualche patologia in ospedale al prendersi cura della propria salute sul mare è il tema e il premio è, se vinciamo, che molti ragazzi in cura presso questa struttura ospedaliera vengano a giocare sulle barche a vela insieme a tutti noi.
Con la tua donazione non aiuterai solo dei ragazzi disabili, ma anche gli altri, anche i tuoi figli, a costruire un mondo migliore, con una responsabilità più alta, verso un apprendimento declinato maggiormente sul saper essere d’aiuto, ancor prima e forse ancor di più del solo saper fare attraverso delle competenze tecnologiche o umanistiche.
Puoi registrarti sul portale OSO (Ogni Sport Oltre) di Fondazione Vodafone Italia e in seguito puoi contribuire anche tu al successo di questa iniziativa. Grazie per avermi letto fin qui».
Mauro Pandimiglio

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COSA E’ LA “CURA DEL VENTO”
La “Cura del Vento” è un nuovo percorso inclusivo, tra Ospedale e mare, che permetterà a tanti ragazzi, anche in difficoltà economiche, di frequentare gratuitamente la Scuola di Vela.
Nella “Cura del vento”, tra una navigazione e l’altra, verranno attivati dei laboratori di musica, di arti circensi e costruzione di capanne in spiaggia. I ragazzi dormiranno in tende e gestiranno in autonomia gli spazi collettivi e quelli individuali sia a terra e sia in mare. A turno svolgeranno tutte le mansioni necessarie alla vita di comunità. Autonomia e solidarietà saranno le basi essenziali di questa nutriente avventura. La sicurezza è gestita costruendo giorno dopo giorno la consapevolezza e la presenza negli allievi; i Maestri di vela e i Nostromi faciliteranno questo processo educativo, aiutando tutti a farsi responsabili e a prendersi cura di se stessi e degli altri. In mare ogni Maestro gestirà non più di 5 allievi. Nei casi di gravi impedimenti fisici o cognitivi, questo numero si abbasserà fino a diventare 1 a 1.
Si tratta di un’avventura trasformativa e non solo assistenziale. Contribuendo alla riuscita di questo progetto, di fatto collaboriamo tutti affinché delle storie come questa possano essere copiate lungo gli 8000 chilometri di coste italiane, da altre scuole di vela in altre situazioni. OSO è senz’altro anche questo: farsi testimoni di una propria storia affinché tutti ne possano godere vivendola anche in altri luoghi. Ogni Sport va Oltre perché mai come in questo caso lo Sport va oltre la cura di una patologia, diventando Cura della salute e Cura dell’Inclusione. Per questi motivi vi invitiamo a salire a bordo della “Cura del Vento” con il vostro affetto e con la vostra amorevole fiducia. La nostra Scuola è ancora aperta nel mese di settembre e per una parte di ottobre: venite a trovarci! Saremo felici di mostrarvi i nostri luoghi dell’educare alla felicità e al benessere, saremo lieti di farvi provare per qualche ora la speciale e piacevole sensazione della “Cura del Vento”.

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Oltre lo sport, oltre la disabilità, oltre l’assistenza ai cosiddetti “meno fortunati”, c’è uno spazio di benessere che ci permette di guardare il problema della “disabilità” da un’altra prospettiva. Non più assistenza e aiuto, ma difesa del diritto di esserci, insieme agli altri.
Il diritto di uscire dagli acquari silenti e andare verso il mare, magari su una barca con altri compagni. Il diritto alla leggerezza e al lasciare andare. Il diritto di essere insieme agli altri così come si è. Il diritto di sentirsi sentito per le proprie necessità e non inserito tout court in protocolli previsti per la comunicazione aumentativa o per lo sport inclusivo.
Francesco, tetraplegico e sordo, naviga da solo (oltre che insieme agli altri, beninteso) su una barca a vela normalissima. Quando vedi la sua barca da lontano sembra vuota, una barca fantasma. Poi ti avvicini e lo vedi, quel ragazzo esile di 15 anni, disteso nella barca, il timone in una mano che va dietro la testa e la scotta uncinata nell’altra mano. Sorride e vola via, assieme alle altre barche dei suoi compagni. Scuffia, viene aiutato a risalire sulla barca, poi riparte e il sorriso non lo perde mai: quella fiducia in se stesso che aiuta a gonfiare le sue vele.
Livio ha 10 anni, è non vedente, e si porta dietro qualche problema nei movimenti. Insieme a lui sale sul piccolo optimist Gisella, una bambina di 11 anni, perfettamente in regola. Gisella accetta di farsi bendare gli occhi e i due cominciano a navigare insieme tra due boe sonore (due maestri di vela). Livio sa bene che anche Gisella in quel momento non vede e questo paradossalmente lo conforta, sente accanto un’altra coetanea che accetta la sua stessa sfida. Dopo una decina di minuti, facciamo scendere Gisella e Livio rimane da solo e continua a navigare tra le boe con un armonia e una precisione straordinarie, vira al momento giusto e tiene la direzione e le vele a segno. Questi sono i loro ed i nostri successi.
Vi chiediamo di sostenere insieme a noi questo progetto per dei buoni motivi: il primo è che la navigazione a vela può diminuire l’handicap, qualunque esso sia. Il secondo è che un sistema inclusivo è utile per tutti, apre il cuore ed estende gli spazi educativi e di crescita globale. E se questi primi motivi non bastassero, possiamo aggiungere che “abitare” il mare è accettare di vivere da dentro ogni cambiamento, il mare ci regala un’energia ineguagliabile, è la nostra fonte primaria di vita.

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ASD Mal di Mare oggi lavora con voi per la realizzazione di questo progetto: “La Cura del Vento”
In questi ultimi anni abbiamo lavorato con tante scuole di ogni ordine e grado, in percorsi edu-velici inclusivi. Collaboriamo con Ospedali, Università, Istituzioni pubbliche e private. Abbiamo pubblicato due libri, il primo con la prefazione del Prof. Giovanni Bollea.
Nel 2011 abbiamo organizzato a Malta, in collaborazione con il Ministero degli Esteri e con l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, un incontro sulla disabilità e sulla povertà tra i giovani del Mediterraneo. Vi hanno partecipato oltre 30 Associazioni in rappresentanza di oltre 15 Paesi di riva sud e nord del Mediterraneo. A conclusione del meeting, tutti i convenuti erano a bordo di tante barche a vela per una regata non competitiva nelle acque antistanti l’Isola.
Nel 2007 siamo stati ricevuti a Bruxelles, nel Parlamento Europeo. Numerosi Deputati, il loro Decano, Prof. Giovanni Berlinguer, il Vice Presidente del Parlamento hanno ascoltato le storie di ragazzi europei sulla vela terapia. Abbiamo presentato il primo Manifesto della Vela Solidale con la firma di un Premio Nobel e di numerosi Ministri Italiani ed europei e di altre Autorità nazionali.
Nel 2003 Mal di Mare fonda insieme ad altre Associazioni il Network nazionale Unione Vela Solidale.
Nel 2001 abbiamo organizzato la prima edizione di Handy Cup, regata non competitiva tra equipaggi di altura che avessero a bordo almeno una disabilità. L’evento ha ricevuto presto l’attenzione internazionale dei Media e l’appoggio delle più alte Cariche Istituzionali a partire dalla Presidenza della Repubblica.
L’ASD Mal di Mare viene fondata a Roma nel dicembre del 1986. La Scuola di vela residenziale viene inaugurata a giugno del 1995. Nel 1999 apre, prima Scuola di Vela in Italia, i propri corsi alle diverse abilità.

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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