Senza finale (siete avvertiti)

Aveva visto un vecchio, su quella stessa panchina. Lui aveva cinque anni e l’uomo sarà stato, forse, un settantenne, ma a lui sembrava impossibile che ci fossero, al mondo, persone così decrepite e malridotte. Perché suo nonno, che tra le persone che conosceva bene era in fondo l’unica ad avere più di sessant’anni (ed era perciò molto, molto anziano, pensava lui), era invece un uomo azzimato ed elegantissimo, tanto da potersi concedere il barbiere quasi ogni giorno, e i dì di festa, finita la messa, le dame alle quali faceva il baciamano dicevano che era davvero galante e ancora un giovinotto.
Aveva sfilato la mano da quella di sua madre e, staccatosi dal piccolo gruppo di donne che chiacchieravano, era andato avanti qualche metro, lungo il viale centrale del parco. L’uomo, all’inizio, non se n’era accorto, perché non aveva colto la tenue leggerezza dei passi, e allora il bimbo era rimasto lì, davanti alla panchina, affascinato dallo spettacolo seducente della desolazione e più ancora da quello della vecchiaia; anzi, senza ancora poterlo capire, di una morte incombente.
Lo straccione era rannicchiato come un feto sulle assi verdi e scrostate della panchina, e teneva un braccio rattrappito sotto la testa, per attenuare il contatto duro con il legno della seduta. Aveva, sul volto, una smorfia dolorosa che gli increspava le labbra, e il grigio della barba, lunga ma non abbastanza da nascondergli il viso, aveva l’attrattiva sudicia della disperazione.
Il poveretto si era infine accorto della presenza del bimbo. Era rimasto a scrutarlo, qualche secondo. Poi, alzando il capo e tolto da lì sotto il braccio, gli aveva rivolto un gesto che voleva essere affettuoso. Ma la mano adunca e tremolante e il sibilo, più che il fischio, che gli era uscito da una bocca sdentata e piena di saliva spessa, avevano spaventato il fanciullo.
Così, lui era scappato, quasi piangendo, e aveva trovato rifugio nel gruppo delle donne che si erano messe a ridere e avevano continuato, per qualche minuto, a canzonarlo teneramente.
Era passato solo un attimo, in fondo. Sessanta anni non sono forse un attimo? Ci si distrae un secondo, si corre dietro alle bagattelle improcrastinabili del quotidiano e ci si ritrova vecchi. In mezzo, tra la fanciullezza e la senilità, ci sono i riti uguali e frenetici della vita. Il finale di partita, che quando hai cinque anni nemmeno immagini, sembra riguardare solo gli altri. Invece, arriva il giorno in cui ti volgi indietro e non trovi più nulla, dei tuoi anni. Ed è già tardi, per sempre.
Ma non si giunge tutti allo stesso modo, a quell’appuntamento. Questo non te lo dice nessuno.
Lui non c’era arrivato come suo nonno. Non c’era la rasatura di quasi ogni giorno e non c’erano le dame, sul sagrato, a fargli i complimenti e a dire che era ancora un giovinotto.
Adesso, su quella stessa panchina, era seduto lui. E se non cedeva alla tentazione di coricarsi in posizione fetale, era solo per un ultimo flebile orgoglio, per la paura che un altro bambino venisse lì davanti a vedere cosa volesse dire una vita disperata.
Così, ragionando su quello che poteva forse essere e non era stato, gli era venuto in mente che nella vita basterebbe, almeno una volta, almeno un’unica volta, azzeccare un bivio favorevole, avere il vento giusto nelle vele.
E mentre così rifletteva e resisteva alla tentazione di poggiare sul legno della panca il braccio, e su quello il capo, lo sguardo, senza rendersi conto, gli si era fissato nel cubicolo fosco di un tombino. Nel buio di quel canto, gli occhi, risvegliandosi lentamente al guardar normale, avevano prima intravisto e poi iniziato ad interpretare una forma ed una luce inaspettati, che l’avevano incuriosito. Era forse quella, la svolta? Quello, il vento che fa gonfiare le vele, almeno una volta nella vita? Così fantasticava il vecchio, non potendo crederlo. Non osando ancora sperare tanto. Perché ciò che stava osservando, al fondo di quel tombino, era, senza possibilità di sbaglio, una
P.S. L’autore chiede scusa, ma si era imposto di non superare le 666 parole.

10 commenti su “Senza finale (siete avvertiti)”

  1. Marina Grigolon

    Una piccola busta accartocciata sembrava, si avvicinò per capire meglio. Un ragazzino smilzo,
    vedendolo, premuroso infilò un braccio tra le grate lo afferrò, glielo porse e corse via. Porca miseria! Un biglietto vincente della lotteria.!

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