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Siamo tutte mignotte

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Foto di Giovanna Nuvoletti

Quando si verificano episodi di molestie o violenze ai danni di donne (e anche uomini), vivendo negli Stati Uniti ma essendo italiana, mi sembra sempre di trovarmi in due universi distanti anni luce e destinati a non incontrarsi mai.
Due ragazze vengono violentate da due carabinieri in divisa e in servizio? E’ colpa loro perché erano ubriache. Lo dicono tutti. O quasi. Qualcuno lo pensa ma vuole fingersi un po’ più moderno e ammicca. Lo dicono soprattutto le donne. Quelle che sanno sempre come vestirsi, come comportarsi, come farsi rispettare, come emanare santità a destra e manca, come non avere mai vent’anni, come avere tette grandi ma “le copro e le nascondo”. Lo dicono e poi, un secondo dopo diventano paladine contro l’Islam e il burqua e il burquini e il velo a meno che non sia Chanel.
Tredici donne, in circa vent’anni, denunciano, subito, abusi e violenza inflitti dall’uomo forse più potente di Hollywood, un giornale lo racconta oggi, perché finalmente ha le prove, e la colpa di chi è? Ma delle attrici, ovvio. Che di sicuro volevano usare il sesso per far carriera. Che hanno costretto Harvey a scoparle mentre lui guardava la foto di sua moglie e dei suoi figli. Quelle sgualdrine. Invece di sposarselo un produttore, come ha fatto Sophia Loren. Invece di essere oneste. Sgualdrine. E tu provi a spiegare che non è andata cosi. Che in tutti i casi denunciati (da DECENNI) non c’era consenso e che lui ha pure patteggiato ben otto volte. Tu provi a spiegare che il punto NON è rifiutare l’offerta indecente. Il punto non e’ dimostrare santità. Il punto e’ che chi, soprattutto se in una posizione di potere, usa questo potere per trarre vantaggio (sessuale o di altro tipo) da persone in posizione di inferiorità gerarchica, e che si aspettano solo di lavorare, deve essere denunciato punito. La proposta indecente, l’abuso, la molestia, la mano sulla tetta o sul culo, sono il problema. Non se la vittima cede o non cede. Il problema è l’abuso di potere agito a scopo sessuale.
A me sembra un concetto chiaro vivendo qui in USA e sentendo tutti ripeterlo. Tutti che applaudono e sostengono le donne. Nessuno che le insulta. Nessuno che chiede cose idiote tipo “perché dopo vent’anni”. Nessuno che parli senza aver letto gli articoli del New York Times e del New Yorker. O pochi. E quelli che stanno dalla parte del produttore si trovano ricoperti di indignazione.
In Italia no. In Italia oggi sono tutti d’accordo: dalla signora Aspesi alla signora Lucarelli, dalla signora Luxuria al signor Sallusti, dalla “signora mia queste ragazze di oggi” al “lui sara’ un maiale ma Asia Argento, vuoi mettere, antipaticisssima”. Tutti insieme, in un coro che, a confronto quello di Santa Cecilia, è il karaoke del Bar dello Sport. Tutti in coro a dire cose banali, scontate, false o che non sono più in voga dal 1945 insieme alle calze di seta. In Italia, l’attenzione magicamente si sposta da un molestatore stupratore, alla santità che le donne devono esercitare come viatico per il paradiso.
E poiche’ non riesco a non pensare che 20 anni di Silvio Berlusconi e bunga bunga abbiano lasciato dei segni indelebili di tribalismo nella nostra societa’, tremo al pensiero di ció che Trump potrà fare durante la sua presidenza.
Ci sono donne che oggi ci marciano o hanno usato il produttore per fare carriera? Certo. Ma ci sono donne, molte, di cui lui ha abusato – forse dovremmo stabilire che “provarci” è già un abuso – e che sono vittime. Ribadire che l’Italia è un paese di sante e navigatori e poeti, e tutti gli altri sono cattivi, fa solo ridere. O piangere.
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ANGELA VITALIANO

In un giorno di giugno, mentre sua madre stava per lasciare l’ospedale perché “non era ancora tempo”, decise di nascere e, solo per questione di minuti, non lo fece in ascensore, dimostrando subito che sarebbe diventata una gran rompiscatole. Dopo 18 anni a Salerno, si trasferisce a Napoli per frequentare l’Istituto Universitario Orientale, dove si laurea “con lode”. Con la città e’ amore a prima vista ma anche a seconda e terza. E’ quella, infatti, la città che mette in valigia nel 2007 quando, in maniera folle e sconsiderata, si trasferisce a New York per portare a termine un progetto ambizioso: ritrovare la felicita’. Attivita’ nella quale e’ ancora impegnata a tempo pieno. Felicemente. Giornalista di “inchiostro” e “immagini” e’ grata per l’ospitalità al Mattino di Napoli, all’Espresso, alla Rai, a Gioia, a Grazia e all’Huffington Post USA (in inglese). Ha pubblicato 4 racconti in diverse antologie di autori. E’ sicura che un giorno intervisterà Michelle Obama.

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