Siamo troppi

Domenica mattina siamo andate come al solito a far colazione al bar del Pasticciere. Ci siamo sedute a un tavolino interno, accanto alla grande vetrata che dà sul viale alberato. Sembrava un viale parigino, con le folte chiome dei tigli, le foglie a forma di cuore e i fiori gialli a grappolo. Per un attimo ho avuto l’illusione ottica di essere al Café de Flore, o in qualche altro caffè di Saint-Germain, a leggere riviste difficili e a discutere di cose “engagées”, come facciamo sempre io e Cassie.
Improvvisamente si è scatenato un acquazzone tropicale che batteva violento sui tendoni del bar. Raffiche di vento facevano traballare i tavolini all’aperto e scompigliavano le fronde degli alberi, creando piccoli vortici di foglie e fiori. Avrei voluto avere il taccuino con me e scrivere le emozioni che arrivavano a folate col vento. Era una situazione da romanzo, ma senza personaggi precisi, senza trame. Queste epifanie, quando capitano, le lascio cadere come fossero insignificanti. Allora è la vita intera che diventa insignificante.
“Mi sembra di essere in un caffè parigino frequentato da Sartre e De Beauvoir”.
“Quanto sei romantica, Giulia. Il vecchio guercio andava lì a leggere i quotidiani gratis, a farsi vedere e a incontrare ingenue fanciulle”.
“Dai, non rovinarmi l’atmosfera. Anche noi veniamo qui a leggere i quotidiani gratis”.
“Io veramente mi sono portata il mio “Economist”. C’è un articolo interessante sugli scontri interreligiosi in Nigeria, chiese e moschee bruciate, centinaia di morti”.
“Non parlare così forte. Si voltano dagli altri tavolini …”
Cassie si guarda intorno e si aggiusta l’impermeabile rosso che le dona sull’incarnato pallido. Mora, tutta verve cerebrale, testarda come poche. Io potrei passare per una bionda nordica, un po’ pigra. Oggi non sono stata previdente come lei, ho solo una giacchetta a protezione dal vento freddo che arriva dall’ingresso.
“La Nigeria è lo stato più popoloso d’Africa. Più di duecento milioni. Per forza si ammazzano fra loro, sono troppi. Era così anche in Rwanda. Troppe bocche per poca terra e poca produzione agricola”.
“Cassie, non ricominciare con le disgrazie planetarie. Mi rovini tutte le domeniche mattina”.
“Guarda la foto: giovani maschi coi machete in pugno e tanta voglia di fare selezione naturale”.
Arriva al nostro tavolo il cameriere, alto, abbronzato e muscoloso come un marinaio. Si rivolge a Cassie, che ordina un cappuccino e un canapè grande. Può permetterselo, è magra. Io chiedo solo una spremuta di melograno. Appena il cameriere si allontana, Cassie ricomincia: “Anche se in Africa distribuissero profilattici per proteggerli dalle epidemie, non risolverebbero il problema della desertificazione. Rimane il mattatoio maltusiano”.
“Cos’è? Una variante di marziano?”
“E dai, Giulia! Malthus, l’economista inglese. Diceva che la popolazione cresce in proporzione geometrica, mentre le risorse della terra crescono in proporzione aritmetica”.
“Io non sarò abbonata all’Economist, ma ho letto da qualche parte che in Corea del Sud, dopo la guerra col Nord, nascevano un milione di bambini all’anno. La gente mangiava erba bollita e corteccia d’albero, i bambini mendicavano per strada. Allora il governo coreano ha sviluppato un programma drastico per contrastare la sovrappopolazione. Ha esportato bambini, li ha dati in adozione. Ha distribuito contraccettivi alle donne e le ha motivate a istruirsi, a iscriversi all’università”.
“Eh! Se mandi le ragazze a scuola, la natalità diminuisce. Le donne istruite non si sposano presto”.
“Già, ma adesso la Corea del Sud è scesa a un tasso di fertilità sotto zero. Nessuno vuol più fare figli. Il governo coreano dà la colpa alle donne egoiste e pubblica ‘mappe di nascite’ in cui conteggia le donne fertili come fossero bestiame”.
“La natalità scende, è fisiologico. Siamo troppi!”
“Cassie, cosa urli! Perché ti scaldi tanto?”
“Perché a nessuno importa dell’ambiente devastato dal sovraffollamento. Il tasso di nascite sta scendendo perché le donne sono stufe di sobbarcarsi tutto il lavoro materno e casalingo, oltre a quello fuori casa. Perché dobbiamo sempre sacrificarci noi? Dov’è l’incentivo a fare figli, se il padre non collabora?”
Arriva la nostra colazione e finalmente Cassie tace, si scalda le mani con la tazza fumante del cappuccino e beve. L’odore di caffeina aleggia come la nostalgia di un vecchio amore. Sono anni che mi astengo. Per non farmi tentare, mi distraggo parlando: “E pensare che fino a dieci anni fa in Cina era vietato avere più di un figlio. Adesso bussano alle case per monitorare i cicli mestruali. In Russia hanno approvato una legge che criminalizza la ‘propaganda sterile’. Non puoi mostrare sui social o in TV immagini di coppie felici senza figli”.
“I russi hanno bisogno di carne da cannone da mandare a morire in altre Ucraine. Guarda caso, a criminalizzare le donne sono i paesi senza democrazia. Anche da noi riciclano i vecchi argomenti della propaganda fascista. Temono che la razza ‘pura’ italiana sia rimpiazzata dai più fertili africani”.
“Basta, Cassie. Abbiamo esaurito l’argomento, non esaurire anche me”.
“Insomma, le notizie del giorno sono queste. Di cosa vuoi che parli, del Grande Fratello, di Masterchef o dell’Isola dei Famosi?”
“Siamo venute qui per fare colazione. È domenica! Godiamoci un po’ di dolce vita”.
“Ma quale dolce vita… Pensa all’ipocrisia del governo americano: sta smantellando le agenzie federali che proteggono la salute dei cittadini. Non gli importa un fico secco se i bambini muoiono. Perseguita le donne che non hanno figli, e lascia morire quelli già nati”.
“Al banco c’è una pasta millefoglie con panna che bypassa lo stomaco e si posiziona immediatamente su pancia e fianchi”.
“Giulia, non eri a dieta?”
“Quando passano con quei dolci sui piattini, solo il profumo mi fa aumentare la circonferenza”.
“Il governo americano ha concesso la cittadinanza a “rifugiati” bianchi dal Sud Africa, mentre deporta immigrati di colore. Incoraggia l’immigrazione dei suprematisti per stabilire l’Apartheid anche in America”.
“Lo sai che fare una pennichella pomeridiana aiuta la memoria?”
“Come no. E se dormi di più dimagrisci. I bianchi americani sono una minoranza ormai. Hanno paura di perdere i loro privilegi. Per questo gridano: Riproduzione! Riproduzione! Lunga vita alla razza bianca!”
“Abbassa la voce, Cassie. Non sai chi sono i vicini di tavolo che ascoltano il tuo comizio”.
“Citavo Eugène Ionesco”.
“Mi chiedo perché siamo diventate amiche. Quando gridi ‘Siamo troppi’ sembri una fanatica”.
“La battuta ‘Riproduzione!’ è in una pièce teatrale di Ionesco, e si riferisce ai nazisti, che imponevano matrimoni fra ariani per la riproduzione della razza bianca e sterminavano i gruppi etnici ‘impuri’. Come vedi, la storia si ripete. In America è in corso una pulizia etnica”.
“Certe volte sei proprio pesante!” dico, infastidita dal bicchiere di spremuta pieno di semi di melograno.
Cassie ride: “Dove la trovi un’amica che ti tiene aggiornata sulle sfighe del mondo? Secondo te perché gli americani permettono la vendita di armi ai malati di mente? C’è troppa gente fuori di testa. Anche in Europa. Hai visto quel pazzo a Liverpool, che ha falciato la folla con l’auto durante una parata di tifosi del calcio? Siamo troppi”.
“Ma dai! Non esistono sparatorie di massa in Europa. La memoria di due guerre mondiali ci ha vaccinato”.
“Povera illusa! La gente non impara mai nulla dalla storia, perché ogni nuova generazione dimentica quel che ha imparato la vecchia, o crede di saperne di più”.
“Cassie, sei un trapano. In Europa siamo abituati alla convivenza pacifica”.
“Non vedi quanti giovani si accoltellano nelle strade? Prima succedeva solo a Londra. Ora anche in Italia. Se vendessero i fucili automatici nei nostri supermercati, avremmo le sparatorie di massa anche qui”.
“Noi abbiamo restrizioni al porto d’armi. Siamo persone civili”.
“Ah, sì? I nostri adolescenti che si accoltellano ti sembrano civili? La civiltà è appena una vernice. Gratta gratta, sotto c’è Neanderthal, vivo e vegeto”.
“Mi hai fatto andare di traverso la colazione, Cassandra”.

3 commenti su “Siamo troppi”

  1. Che invidia essere al FLORE a trattare simili argomenti perditempo anni fa Robero Vacca pose il problema come irrisolvibile carestie ne’ guerre anche atomiche terrebbero il passo alla progressione geometrica dello sviluppo della ” razza” umana è solo una questione di tempo può essere prolungato si popolano Siberia e Australia l’idiozia poi che leva spazio per costruire auto nemmeno cataclismi apocalittici poiché i dinosauri non possedevano le tecnologie attuali e future l’ultima speranza rimane il solito virus dei film di fantascienza sperando che qualcuno si salvi per tirare avanti un altro po.Pero non sarebbe stato male parlarne anche al Deux Magots.

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