Silvia Bre e la poesia casa
Silvia Bre in uno scatto di Dino Ignani
Poi muoviamo le pentole nella sua casa
facciamo rumore chiamandoci
da una camera all’altra, perché il reale
in cui provava lo strazio di sognare
è qui, affondato nei dettagli
tra le stelle di natale.
Lasciati andare, padre, dentro di noi.
Silvia Bre letta da Anna Toscano
Silvia Bre con i suoi versi costruisce luoghi e tempi in cui vivere, in cui vive: vive la sua poesia come una casa, la edifica con le sue parole e la abita spostandone oggetti, ricevendo visite, patendo tristezze e gioie, talvolta abbattendone i muri. In questa casa-poesia talvolta è notte, un buio che attende l’alba e il giorno dove partecipare al “silenzioso guardarsi delle cose”, con aderenza alle parole-cose in una brevità che anela all’eterno. La poesia in lei è la concisione dell’esattezza, la precisione del sogno, la pensosità dell’avventura, perché “si è la forma / che si forma ciecamente / nel suo dire di sé / per vocazione”. La contemporaneità e la quotidianità entrano nella lirica di Bre in una continua visitazione attraverso la lente della complessità del reale. La parola che vive, che ferisce, che dà o toglie percezione: “la vita si era sciolta / dalle parole / tutta ferita / si trascinava via […]”. La parola diviene ricordo per richiamare il reale “affondato nei dettagli”, è la poesia di chi resta, è la testimonianza di sé come connessione con un altro tempo ma anche come presenza al proprio tempo fatto di storia, di lingua, di tradizioni perché “Nei secoli dei secoli / la camera del mondo è il tuo parlare / voce è questo / dare spazio a qualcosa /al suo passare”.