Erano passati 18 anni quando quella melodia, confinata sino ad allora nel meraviglioso e struggente finale di “Tempi moderni“, prese il volo. Le immagini di Charlot che strappava un sorriso alla monella, dovettero incantare John Turner e Geoffrey Parsons che su quelle note scrissero nel 1954 un testo semplice, ma intenso:
“Smile when your heart is aching…
If you smile through your fear and sorrows
Smile and maybe tomorrow
You see the sun come shinning through for you”
A interpretarla e a farla diventare uno dei classici della musica americana, ci pensò Nat King Cole. Fu una delle sue canzone preferite, eseguita sempre con grande intensità.
Eppure, Nat aveva motivi per non sorridere. Nel 1956, durante un’esibizione in Alabama, fu ferito alla schiena dai membri di un’organizzazione suprematista. Pochi anni prima, i programmi radiofonici e televisivi che conduceva furono interrotti, perché gli sponsor non volevano legare il loro nome a quello di un uomo di colore. Quando comprò una casa a Los Angeles, l’associazione dei proprietari gli fece pervenire una lettera in cui si diceva che non erano gradite persone “indesiderabili”.
Ascoltare oggi questo stupendo brano, dopo il Bataclan, le stragi di Nizza e Barcellona, il riemergere dei nazionalismi, dei populismi, del razzismo è forse più triste di allora: difficile sorridere in una società dove prevalgono così spesso la violenza cieca, lo sciacallaggio mediatico, la mancanza di solidarietà.
“Sorridi, se il tuo cuore soffre
sorridi, anche se è a pezzi
e il cielo si rannuvola
ce la farai
se sorridi anche tra paura e dolore
sorridi e chissà, domani
vedrai il sole splendere per te
Illumina il viso con la gioia
nascondi i segni della tristezza
se senti arrivare una lacrima
E’ tempo che almeno ci provi
sorridi, a che serve piangere
scoprirai che vale la pena vivere
se solo sorridi”.
(Traduzione a cura di Marie Jolie)