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UN ANGELO CLOCHARD

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Immagine do Giovanna Nuvoletti

Noi tabagisti siamo tossicodipendenti. Passi anni a ridurre sigarette, poi uno choc e tutto è vano. Ma l’ultima la dovevo fumare. Troppe notti in bianco. Vivo uno stato alterato di coscienza. Finita la forza fisica rimane quella nervosa e devo andare avanti. Ero d’accordo con Barbara, mi avrebbe chiamato se c’erano problemi. Faceva la notte per suo figlio, ricoverato con il mio. Pochi metri e ero fuori a fumare anche la notte. Povero cucciolo, dormiva grazie agli analgesici. Ad aprile una colica renale era l’inizio del calvario. Corsa all’ospedale, dal P.S. alla Pediatria. Un solo dottore faceva la spola tra reparto e urgenze. Lo visitò tre ore dopo. Toradol, dolori e spasmi placati. Ci mandò dall’ecografista che dormiva. L’eco fu velocissima. Tutto bene, ma il pediatra aveva scritto “sospetto calcolo renale”. Lui lo escluse, si arrabbiò e ci cacciò col responso.
Il pediatra lo dimise prescrivendo una serie di esami. Ubbidimmo. A settembre un’altra colica. Stavolta andammo all’ospedale di A. e l’ecografia evidenziò un calcolo enorme. So che non sempre l’eco lo individua ma c’è un sintomo: la dilatazione del rene. E mio figlio aveva il rene dilatato già sei mesi prima. Se quel topo di fogna non fosse stato un saccente ignorante l’avrebbe diagnosticato subito e l’avrebbero operato in laparoscopia.
Invece fu un intervento di 6 ore su mio figlio smagrito, traumatizzato, insonne, sofferente. L’incompetenza del primo ecografista lo poteva ammazzare. Credo fermamente che nessuno abbia il diritto di uccidere, ma picchiarlo si, seguirlo, aspettare un posto deserto, indossare un passamontagna e vibrargli un bel calcione sulle palle, una ginocchiata sul naso. Poi gli avrei detto: “Non ti cavo gli occhi ma usali bene la prossima volta, maledetto!” Fulmineo e facile.

Immagine di Aglaja

Immagine di Aglaja

“Ciao, sei ricoverato?” Spuntato dal nulla c’era un vecchio, alto e magro, la barba bianca incolta. Portava un carrello zeppo di roba. “No. Faccio la notte al mio bambino. Lo hanno operato 4 giorni fa. Sta soffrendo tanto.” “Poverino. Da qualche giorno ti vedo sempre fumare qui fuori. Sei un brav’uomo ma sei arrabbiato, rancoroso, sfinito. L’ ideale per commettere sciocchezze. Non farlo. Hai ragione ma tu non sei così. Sei buono.” No! Non sono buono. Stavo progettando di pestare un essere umano.
Il vecchio però aveva ragione, una cosa è difendersi, altra è aggredire. Lui mi lesse ancora nel pensiero.”Sei buono, altroché! Sei un animale ferito che reagisce ma ci sono altri modi. Hai sigarette? Te le pago.” Ne avevo tre, gliene diedi due: “Non sai stanotte quanto bene mi hai fatto. Prendile.” Il vecchio insistette per pagarle poi le accettò e sparì nel buio.
Rientrai. Un’altra veglia. Ero sempre distrutto ma stavo meglio. Non perdonavo l’ecografista, l’avrei denunciato e sputtanato in ogni dove perché era un pericolo pubblico. Il giorno dopo, quando mia moglie mi dette il cambio, comprai una stecca di sigarette per regalarla al clochard. Setacciai tutto il Policlinico ma nessuno lo aveva mai visto o conosciuto.

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GIORGIO LAIKA VANNI

Ho iniziato a scrivere a 15 anni le cronache dei concerti del Grande Rock che passava per Roma. Né critiche né recensioni ma la trasmissione delle emozioni sull'onda della musica, specie il progressive. Ci presi gusto e tra lunghe pause, crisi, sopravvivenza e altro pubblicai il mio primo romanzo nel '98, "Oltre la nostra frontiera" da cui trassi uno spettacolo teatrale che ha girato un po' tra Roma, Napoli e l'Italia centrale. Poi venne "L'uomo che ritorna" e il copione teatrale "Damnatio memoriae" centrato sulla storia di Celestino V. Ammiro gli autori visionari come Orwell e Huxley, non mi so vendere, mi sento spesso un pesce fuori dall'acqua ma studio "cinismo" e "sarcasmo" da anni, purtroppo con scarsissimi risultati. Collaboro con LRì da agosto 2017 che ringrazio per la visibilità che mi concede e cerco di ripagarla con le mie "visioni", criticabili quanto si vuole ma quasi sempre fuori dal coro e non scontate.

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