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Cinema

Un film visto per caso

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L’altra notte, in tv, sono incocciata per caso in un film strano, polacco, coi sottotitoli in italiano. Un paese di campagna, gente vestita anni ‘50. Era già cominciato. Mi ritrovavo, esausta, dopo ore spese su FB e Twitter, sempre al servizio della Rivista Intelligente. Infine, mi ero abbandonata a un pigro zapping quasi disperato. E quelle immagini lente mi hanno fermata. Mi sono domandata come mai, io che non amo il cinema, non riuscissi a staccarmene. Un fiume, un giardino, un ballo su una terrazza di legno, un dialogo appena accennato, affondavano silenziosi e implacabili nel più profondo di me.
Perché? Era il linguaggio usato dal regista. Non so descriverlo con compiutezza e precisione: io non sono, appunto, una cinefila. Ma era lo stesso linguaggio che cerco nello scrivere: necessario, sintetico, scandito. Che celi, nel pudore, il peso ineludibile del non detto – che sveli come, sotto diversi nomi, ciò che non diciamo lavori dentro ognuna delle nostre vite. Il linguaggio assoluto.
Poi ho scoperto che si trattava di “Tatarak” (Sweet Rush), di Andrzej Wajda. Del 2009.

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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