Un mattone nel muro

La radio stava trasmettendo “the wall” dei Pink Floyd. Proprio azzeccato, pensò Roberto fissando il muro di auto in cui era imbottigliato. Provò una fastidiosa sensazione di claustrofobia. Aveva voglia di fuggire, magari su un’auto capace di levarsi in volo o diventare tanto piccola da passare tra le ruote. Visto che non si poteva, raccolse tutto il fiato che aveva e cantò “Hei, teachers, leave them kids alone!”.
Arrivò il messaggio di Alice, la sua ragazza. Diceva: “ e dopo Yosemite Park, e Death Valley ci sposiamo a Las Vegas. Non vedo l’ora”. La nota gli morì in gola. Allentò la cravatta e la cinta dei pantaloni. Un sudore freddo gli imperlò la fronte e scese lungo l’intera colonna vertebrale.
Adesso l’ansia si stava trasformando in panico. Abbassò i finestrini, a occhi chiusi incamerò aria con respiri lenti e profondi. Il clacson alle sue spalle lo invitò a darsi una mossa. Per fortuna aveva già ripreso il controllo. Più o meno. Si spostò sulla corsia d’emergenza e cominciò a correre.
Alice si tuffò nella calca della metro. Non protestò quando avvertì un gomito piantato in mezzo ai suoi reni, e neppure quando il tizio alla sua destra le scompigliò i capelli per sporgersi verso il sostegno in alto. Arrivò persino a tollerare l’afrore delle ascelle. “Addio cornetto alla crema” pensò, e pensò pure che presto avrebbe assaggiato i veri donuts.
Un sogno che si realizzava: America, on the road, con Roberto. Pronunciò quel nome a bassa voce e le labbra si fecero sorriso. Proprio in quel momento vibrò il cellulare che teneva nella borsa incollata al corpo. Contorcendosi allargò la cerniera, rovistò alla cieca, afferrò il telefono e, sbirciando senza tirarlo fuori, riuscì a leggere: “Basta, è finita.”
Alice sbiancò di colpo. Cadde in una sorta di torpore catatonico. Percepiva solo un fastidioso ronzio alle orecchie e un’ombra che le oscurava la vista. Scese appena tornò in sè col cellulare stretto tra le mani. Forse aveva letto male, forse era uno scherzo, forse non era di Roberto il messaggio. Invece era tutto vero.
Lo chiamò. Non raggiungibile. “Spiegami cosa è successo!” Gli scrisse. Aspettò la doppia spunta. Niente. Lo chiamò in ufficio, nessuna risposta. “Abbi le palle di dirmelo in faccia” scrisse. Di nuovo nessuna doppia spunta. Non riuscì a trattenere lacrime di dolore e di frustrazione.
Per strada la guardavano tutti, qualche anima pia le offrì un aiuto che non era in grado di darle. Finalmente raggiunse l’amica al solito bar. Fu a lei che affidò il cellulare, fu sempre lei a indicarle la frase: “ci sposiamo a Las Vegas”. Alice rise, pianse, rise di nuovo, singhiozzò. Poi la frustrazione si trasformò in furia. Su tutti i social che l’ormai ex fidanzato frequentava pubblicò un’animazione che, inserendo una consonante al verbo incriminato lo trasformò in “spostiamo”. Sotto aggiunse: “il T9* deficiente!”. In sottofondo i Pink Floyd cantavano: All in all you’re just another brick in the wall.

* Tecnologia che permette di scrivere testi con l’uso dei soli 9 tasti numerici dei dispositivi portatili dotati di tastiere ridotte

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto