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Victoria!

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Incredibile visu – anche dictu. Victoria Cabello è sulla Rai TV. E’ una donna. E non si tinge i capelli. Non si è labbronata. Non si è ripettata. Non si è blefarata. Non sporge. Non spinge. Non finge. Non posa, semplicemente presenta “Quelli che il calcio”, ereditando il ruolo che fu di Fabio Fazio (fra parentesi ideatore con i suoi autori di questa formula nata per poter discettare con allegria delle fasi salienti delle partite di calcio senza mostrarle). In assenza cronica di altre idee la Rai si rinnova chiamando lei, Vic. Che ride normale, sorride gentile, si muove appena intimidita dal mostro RAI che non ce la fa a divorarla. Scherza leggera e non se la tira per niente. Ed è tutto meno che scema: questo la Rivista Intelligente può affermarlo con cognizione di causa. Cabello non è volgare, e neanche banale. Cosa ci fa lì? Ha commosso perfino Aldo Grasso, il perfido critico tv del Corriere, che qualche tempo fa la riempì di complimenti fingendo di rimproverarla. Prendendosi anche insulti da fan (non sveglissimi) di Victoria che la credettero offesa. Fino al punto da esser costretto a registrare un pubblico video-autodafé, ove confessava ammirazione per la frizzante ragazza. Simona Ventura, trasvolata su Sky con un programma Rai (anche lì le idee non abbondano) ha cercato di inviarle frecce avvelenate. Non prendetevela fra voi, ragazze, è il duopolio che come un ictus paralizza ogni italica creatività.
E in attesa di tempi migliori, tu vai avanti Victoria, sii te stessa. Scatènati. Ti ga la forsa d’un leùn – puoi domare la trasmissione, i critici, le colleghe, i calciatori, il pubblico e anche gli allenatori. Non è vero che gli italiani sono tutti idioti, cattivi e scorreggioni.
Ti eleggiamo nostra quinta colonna nel mondo tv, “ellerina ad honorem”, in quanto intelligente, e pure capace di essere scema con soave tranquillità. Giusto come noi.

 

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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