Il digiunatore

ELEVARE A FORMA D’ARTE IL DIGIUNO POTEVA SEMBRARE UN’IDEA PERICOLOSA, L’APPRODO ESTREMO DI UN’IMMAGINAZIONE TROPPO FERVIDA, MA K. SAPEVA VEDERE PRIMA DEGLI ALTRI QUEL CHE GLI ALTRI NON RIESCONO A VEDERE, E NEL PROPRIO DESTINO LE TRACCE DEL DESTINO DI TUTTI, O VICEVERSA.

Nell’ultimo racconto pubblicato mentre era ancora in vita, Il digiunatore, il protagonista è un artista della fame chiuso in una gabbia da circo. Era il 1922.
Due anni dopo la gabbia da circo si materializzò nelle quattro pareti di una stanza in un sanatorio alla periferia di Vienna.
Tante le parole, tante le donne amate e vagheggiate, tanti gli amici, alcuni carissimi, tante le speranze e le frustrazioni, e tanti i sogni profetici, come quello di trasferirsi un giorno in Palestina, un’altra Amerika dove perdersi e salvarsi.
Era invece tornato all’incipit del suo racconto più celebre: si era svegliato in un letto, irriconoscibile agli altri e a se stesso, una specie di insetto in agonia accudito dalla sorella Ottla.
La tubercolosi alla faringe peggiorò e gli impedì di nutrirsi per giorni. Così Kafka morì di fame, il 3 giugno del 1924.
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