Il gatto a ore

 

Frusciò con la coda contro la porta socchiusa. Un refolo di vento e una fetta di sole. Era un incanto il gioco funambolico su per le mensole. Si strusciava sui libri, inarcava la schiena, faceva arabeschi. La sua indifferenza mi conquistò.
Cosa mangia un gatto? mi chiesi dopo l’ennesima visita. Comprai dei croccantini. Lo accolsi fingendo che poco m’importava se avrebbe gradito o meno. Aspettai che completasse il numero e andai a controllare. La ciotola era vuota. Forse gli piacevo. Tornò più volte. Alla stessa ora.
Poi cominciai a pensare che la quotidianità avesse intorpidito tutto. Le sue acrobazie erano sempre più di maniera. Quattro salti e il muso giù nella ciotola. Forse era stanco di me.
Invece era ingrassato. Me ne accorsi il giorno in cui, per puro caso, uscii di casa prima del previsto. Il vecchietto dirimpetto svuotava la scatola di croccantini e gli sussurrava paroline dolci. Il gatto mi tradiva, con tutti. Nel vicolo non si contava il numero delle vittime, tutte convinte di essere le sole ad avere un gatto a ore.

Immagine: “Nudo con gatto” , Balthus

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