Il mio nome è Lapo

 

Passo davanti a un negozio di occhiali e in vetrina vedo Lapo Elkann che fa il manichino vivente. Ha ragione suo fratello, le occasioni ci sono, basta saperle cogliere. Tra responsabile Brand promotion Fiat Group e manichino vivente Lapo ha scelto Manichino Independent. Si fa un selfie e lo spara su FB. Domani ci farà un libro, una maglietta e anche una carrozzeria personalizzata per la sua 500 floccata. «Al contempo stesso va anche su Twitter» mi dice Lapo. «Questo non toglie il fatto, mi corregga se non sbaglio, che il pessimismo non è portatore di onde costruttive.»
«Chiaro.»
«Se non dai un sogno rimani solo un prezzo. Se rimani un prezzo, oggi come oggi, sei morto.»
«Che testa.»
«Testa è ragione. Cuore è passione. Pancia è feeling, capacità di sentire subito le cose a pelle.»
«Di daino.»
«Non lo conosco.»
«Parla come un politico?»
«Farei politica solo se facessimo un partito io, Jovanotti e Valentino Rossi.»
«Padre, figlio e spirito santo.»
«La mia vita non è quel passo lì che sto cercando; un domani, forse.»
Aspetto che esca e lo sfido a una gara in macchina. Lui ha una Ferrari mimetica, con interni in Poltrona Frau e cerchioni Swarovski, io la Lupo di mio suocero. La macchina ulula mentre le tiro il collo, ma Lupo uluqui e Lapo ululà… il direttore di gara gli sventola la bandiera a pied de poule.

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