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Lalla Romano e le parole come casa

Se cerco parole

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Non pensare se cerco parole
che voglia nutrirmi di vento

un dono di giuste parole
incorruttibile come la musica

dolce come la casa
triste come l’infanzia
paziente come il tempo.

 

“Se cerco parole” di Lalla Romano letta da Anna Toscano

 

Lalla Romano ha sempre lavorato con parole e immagini: prosa, poesia, pittura sono stati gli strumenti prediletti per la costruzione della sua autobiografia. Tutta la sua opera artistica è stata per lei un continuo nutrimento, una incessante ricerca di sostanza vitale. Le sue poesie hanno accompagnato la sua più nota e vasta produzione in prosa e la pittura stando defilate, quasi in disparte, a segnare una strada diversa. Lalla Romano ha pubblicato le sue raccolte poetiche a molti anni di distanza una dall’altra e segnano un lavoro e un percorso di scrittura molto ampio: ha riflesso la propria maturazione umana e artistica, nonché la sofferenza e la fatica del vivere, nella sua poesia scrivendo testi che portano la cifra di una costante evoluzione. Se la sua opera in prosa è denotata dalla presenza della penombra e dalla tensione che deriva dal voler rivelare o meno con la luce, la sua opera poetica è perfettamente bilanciata sull’opposizione chiaro-scuro, e sia le parole che opta sia quelle che scarta sono un dono. “Se cerco parole” è un testo nudo: parrebbe l’intima essenza di Romano poeta: una lirica scarna che nella scelta delle parole, ma soprattutto nella scelta delle parole da scartare, si fa poesia; una poesia a togliere, a levare, a scegliere. In questa lirica, e in molte degli ultimi anni, è lo spazio bianco che dice, è il silenzio a dire, in una costante bicromia tra il bianco e il nero, ciò che si legge e ciò che non si legge. Si apre con un imperativo negativo rivolto a un tu – che riporta a molti testi di bertolucciana memoria – un tu che svanisce lentamente di fronte a un io che cerca, che fatica alla ricerca parole che siano nutrimento come lo è il vento, parole che siano quelle giuste e che dunque un io che ne scarta molte altre attendendo un dono di parole incorruttibili come la perfezione che contraddistingue la musica; qui negli ultimi tre versi Romano è in grado di spalancare la poesia al tutto seppur in poche sillabe: un dono che deve esser dolce come una casa, al contempo deve essere anche triste ma della tristezza dell’infanzia, e paziente, che sappia attendere come fa il tempo: il passato (l’infanzia), il presente (la casa) e il futuro (la pazienza del tempo). In sette versi Romano riesce a parlare a un tu e a metterci un universo di cose ben scelte, alla ricerca di quel dono così alto da ottenere ma che lei raggiunge spesso nella sua poesia: la forza del silenzio, la potenza della parola.

 

Lalla Romano, Poesie, Torino, Einaudi, 2001

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