Se la montagna partorisce una formica

Alcune considerazioni per chi non ha assistito alla prima conferenza stampa dell’anno della Premier Meloni.
Ciò che ha stupito, prima delle risposte, sono state le domande che decine di giornalisti hanno rivolto alla Presidente del Consiglio, sulle quali svetta indubbiamente quella in merito alle formiche: “Presidente, lei le calpesta per strada quando cammina?”
Con tutto il rispetto per il senso filosofico della domanda, si trattava di un confronto con la Premier italiana le cui risposte, ovviamente, hanno un peso sull’opinione pubblica nazionale e internazionale. Un siparietto in uno scenario apparentemente nuovo nella storia di questo genere di confronti tra Governo e stampa.
Al netto di questa curiosa eccezione, infatti, in oltre due ore le si è chiesto sostanzialmente di Musk, di Space x, di Trump e poco più. Nessuna domanda sulla sanità, nonostante la polemica sul nuovo tariffario ed il decreto sulle liste d’attesa strombazzato a qualche giorno dalle europee la cui applicazione resta ad oggi un mistero, nulla sui dati relativi alla povertà in aumento o, semplicemente, su quel ponte sullo stretto per il quale sono stati già investiti miliardi. Neanche una richiesta di chiarimenti sul nuovo codice della strada, sulle modifiche all’autonomia differenziata, sulla riforma delle pensioni e così via.
La Premier, dal canto suo, ha avuto gioco facile nel rispondere, con due sole eccezioni nelle quali si è mostrata titubante: quando le hanno chiesto dell’aumento del costo dell’energia e sul problema dei Neet, i giovani che non studiano e non cercano lavoro. Due argomenti concreti che richiedevano risposte chiare e tempi certi per le soluzioni e sui quali, non a caso, Meloni si è trincerata dietro un “troppo complicato spiegare in venti secondi” rispetto alle tariffe energetiche e “stiamo preparando gruppi di lavoro, il problema è collettivo” eccetera riguardo alle problematiche giovanili,
Per il resto un copione che sembrava quasi concordato, con buona pace delle opposizioni che hanno attaccato inutilmente Meloni per le sue omissioni, quasi avesse tenuto un comizio invece di aver solamente risposto alle domande che le venivano poste.
Stampa asservita? Certamente no, ad alternarsi sono stati giornalisti di tv, radio, blog e quotidiani di ogni orientamento e anzi, a dirla tutta, a punzecchiarla sul sostegno al ceto medio è stato proprio un giornale di destra che l’ha quasi accusata di non avere ancora fatto sostanzialmente nulla. Più probabilmente, nella scelta dell’argomento per l’unica domanda concessa ad ogni testata, si è preferito puntare sulla logica del “trend topic” o della parola chiave, buoni per indicizzarsi sui social e così ottenere visualizzazioni. Se così fosse, dovremmo prendere atto che anche il giornalismo, dopo la politica, si è piegato alle regole della socialcrazia, anteponendo la logica del like all’obiettivo di informare cittadini ed elettori, dando loro elementi per operare scelte sempre più consapevoli e coscienti.
Vista così, non stupisce che due su tre abbiano chiesto di Musk, se pure sotto diverse sfaccettature, o perché si sia rievocata Acca Larentia, altro filone di discussione social decisamente più gettonato rispetto, ad esempio, al tema delle carenze drammatiche della sanità.
Parliamo ovviamente solo di un’ipotesi, ma sulla quale occorre comunque riflettere in un momento in cui, come già scritto in un precedente articolo, i social riescono a influenzare il pensiero degli elettori al punto da diventare motivi di annullamento di un’elezione formalmente valida. Come nel caso della democrazia in Romania, qui assisteremmo non ad una limitazione ma ad una manipolazione della libertà di stampa, costretta a piegarsi alle regole della socialcrazia pur mantenendosi formalmente indipendente, il tutto a vantaggio di quelle forze politiche che, con ammirevole anticipo, hanno colto il potere dei social diventandone protagoniste e cavalcando l’onda populista tra card e fake news. Seguendo questo filone teorico, non può apparire una coincidenza la scelta di Zuckerberg di far scomparire dai suoi social, Facebook in particolare, la verifica delle notizie pubblicate, in questo piegandosi alla concorrenza, in particolare X del già citato Musk.
Tante ipotesi ma con una sola certezza: se quella che abbiamo visto ieri è l’evoluzione delle conferenze stampa cui saranno sottoposti i nostri governanti in socialcrazia, difficilmente la Premier e chi verrà dopo di lei avrà motivo di sfuggirvi. E altrettanto complicato sarà, per i cittadini, accedere ad un’informazione che permetta loro di conoscere e capire la verità prima che crederla.

3 commenti su “Se la montagna partorisce una formica”

  1. Loana Boccaccini

    Sono d’accordo, assolutamente d’accordo..e purtroppo! I social media ci stanno cambiando tutti e non in meglio! I giornalisti ne sono un esempio lampante.
    Altri orizzonti,altri obiettivi,anche velocemente, spariti noi anziani,che abbiamo cercato di padroneggiare l’era preistorica di questi mezzi con una coscienza quasi immutata, forse e nella inconsapevolezza generale, prenderanno il sopravvento..ma voglio continuare a sperare in una variabile non prevista,impazzita che ci salvi!

  2. Roberto Martini

    D’accordissimo
    I problemi del paese dimenticati dalla premier e dai giornalisti (istruiti in precedenza?) . Solo il gossip su Musk e il viaggio da Trump. Dimenticato lo sgarbo reso della premier a Biden, assistendo alla proiezione di un documentario contenente accuse infamanti sul presidente uscente.

  3. D’accordo su tutta l’analisi riguardante il deterioramento dell’informazione e l’influenza dei social.
    Vorrei invece condividere un mio punto di vista riguardo la conferenza stampa e quella specifica domanda fuori contesto.
    Bene, credo che quella domanda rappresenti non il punto più basso del giornalismo, così come potrebbe sembrare, bensì costituisce uno strumento rivelatore di come sia superfluo porre domande alla PdC, a questa PdC. Che sia superfluo lo dimostrano altre conferenze stampa, interviste giornalistiche e persino interrogazioni parlamentari durante le quali ella ha risposto più volte mentendo. Talvolta per propria insufficiente conoscenza dell’argomento, talaltra invece con piena consapevolezza di riportare dati e fatti non veritieri per pura convenienza.
    Episodi non sporadici che sono passati sotto silenzio salvo rari casi di giornalisti un po’ più “attenti” e politici più competenti.
    Dunque a che serve fare domande in conferenza stampa a Meloni? A che serve chiedere dell’aumento dei costi energetici; quali risvolti ritiene possano avere le nuove norme sul codice della strada; del perché il trasporto pubblico sia nel caos? Tanto quelle risposte saranno utili solo a riempire qualche pagina dei quotidiani dell’indomani. Nessuno verificherà se siano attendibili, se corrispondano al vero. Del resto i loro lettori saranno più interessati all’aggettivo colorito, al tono di voce ora suadente e poi aggressivo, alla smorfia di sorriso, all’inclinazione della testa, al suo trucco. In definitiva quella è la più grande abilità di Meloni: affermare la qualunque facendo deviare l’attenzione sul come lo dice piuttosto che sul cosa sta dicendo. Un gigantesco trucco di cui l’Informazione è complice ed ormai avvezza dopo aver dato il meglio di sé durante i due governi del #pupazzoconpochette.
    Quindi cosa cambia tra chiedere se il governo stia facendo qualcosa per migliorare la crescita del PIL e chiedere se la PdC evita di calpestare le formiche? La risposta sarà pressoché la stessa: “tutto il possibile”.

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