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Società

Il Pd non c’è

Avete visto le primarie a Genova? Cos’altro deve succedere? Si sono dimenticati della primavera scorsa con le primarie a Milano, Cagliari, Napoli; e soprattutto con i referendum? La crisi finanziaria non era al culmine (arriverà a luglio), e non può aver pesato più che tanto. Era già clamoroso, però, il rifiuto, perfino sprezzante, di una larghissima parte degli italiani verso i partiti (questi partiti), e degli italiani che guardano a sinistra verso il Pd (questo Pd). Poi, con Monti, è arrivato l’inimmaginabile.
Per tutta risposta, questi (intendo coloro che parlano a nome del Pd, che hanno sequestrato e stanno soffocando nell’arroganza e nell’indifferenza burocratica l’unica idea seria e buona apparsa negli ultimi vent’anni) vanno progettando una legge elettorale neoproporzionale che ridia “ai partiti” (in realtà, a quello che dei partiti è restato, cioè gruppi di comando non contendibili) l’arbitrio di fare e disfare a loro comodo. Con la ruota del pavone, vanno proclamando che, dopo la “parentesi dell’emergenza” di Monti, tornerà la “normalità”: che sarebbero loro!!! Ma si può sopportare tutto questo? E cioé che si finga l’esistenza di un partito, quando ormai si tratta solo di bande di potere che si sbranano per strappare qualche esigua spoglia; e che si sono messe insieme, credendoci tanto da tenere per sé i rispettivi tesoretti!! Siamo arrivati al punto che, nelle primarie, basta presentarsi senza il timbro Pd per disporre di un vantaggio differenziale decisivo. Vogliamo dire finalmente che il Pd non c’è, c’è solo il nome? Vogliamo lanciare qualche grido (e qualche idea) per far vivere un po’, almeno un po’, di democrazia? Cominciando, per esempio, proprio da Genova: per parlare liberamente, guardarsi in faccia, progettare qualcosa, anche poco, anche piccolo, di utile: da fare insieme.

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CLAUDIO PETRUCCIOLI

Nella vita ho fatto molte cose, ho avuto esperienze diverse, ho conosciuto tantissime persone; alla mia età (sono nato nel 1941) possono dirlo più o meno tutti. Mi piacciono molto le esplorazioni di luoghi poco frequentati perché i più preferiscono evitarli Ci sono stati momenti in cui sono stato “famoso”. Ad esempio nel 1971 quando a L’Aquila ci furono moti per il capoluogo durante i quali furono devastate le sedi dei partiti, compresa quella del Pci, di cui io ero segretario regionale. Ma, soprattutto, nel 1982 per il cosiddetto “caso Cirillo”, quando l’Unità pubblicò notizie sulle trattative fra Dc, camorra e servizi segreti per la liberazione dell’esponente campano dello scudo crociato sequestrato dalle BR. Io ero il direttore de l’Unità e mi dimisi perché usammo un documento “falso”; che, però, diceva cose che si sono dimostrate, poi, in gran parte vere. Sono stato in Parlamento e nella Segreteria del Pci al momento in cui cadde il Muro di Berlino, e anche Presidente della Rai. Con queste funzioni sono stato “noto” ma non “famoso”. La fama te la danno i media. Io, durante il caso Cirillo, ho avuto l’onore di una apertura su tutta la prima pagina de La Repubblica: “Petruccioli si è dimesso”. Quanti altri possono esibire un trattamento del genere? PS = Una parte di queste avventure le ho raccontate in “Rendiconto” (Il Saggiatore) e “L’Aquila 1971” (Rubbettino)

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